Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 (da RETEAMBIENTE)
(Norme in materia ambientale - Stralcio - Norme
in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di
tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse
idriche)
N.d.R.: Il
Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 sostituisce a partire dal 29 aprile 2006
(data della sua entrata in vigore) la maggior parte delle preesistenti
norme in materia ambientale, mediante la loro espressa abrogazione. Le
materie interessate sono:
- valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale
strategica;
- difesa del suolo e tutela delle acque;
- gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati;
- tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera;
- risarcimento del danno ambientale.
• Per un approfondimento su iter di approvazione, contenuti ed
impatto sull'assetto normativo del nuovo Dlgs 152/2006: " SPECIALE
Dlgs 152/2006"
• Per il testo integrale del nuovo provvedimento di
"riformulazione ambientale": Dlgs
152/2006N.d.R.:
il testo del provvedimento (in vigore dal 29 aprile 2006) è
aggiornato con tutte le modifiche intervenute sino ad oggi.
Tali modifiche sono state apportate da:
• decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, convertito con modifiche
nella legge 12 luglio 2006, n. 228;
• decreto-legge
3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modifiche nella legge 24
novembre 2006, n. 286, pubblicata sulla Guri 28 novembre 2006 n. 277 -
Supplemento ordinario n. 223 (tutte le modifiche di carattere
aggiuntivo apportate dal Dl in questione sono evidenziate in neretto.
Entrata in vigore delle modifiche: 3 ottobre 2006. Le modifiche di
carattere aggiuntivo apportate dalla legge 286/2006 sono evidenziate
in blu. Entrata in vigore delle
modifiche: 29 novembre 2006);
• Dlgs
8 novembre 2006, n. 284 (tutte le modifiche di carattere
aggiuntivo apportate dal provvedimento in questione sono evidenziate
in neretto sottolineato. Entrata in vigore delle
modifiche: 25 novembre 2006). Dalla data di entrata in vigore del Dlgs,
tutti i riferimenti all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e
sui rifiuti contenuti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
sono soppressi (ex articolo 1, comma 5 del Dlgs in questione);
• Legge 27 dicembre 2006, n. 296 (entrata in vigore delle modifiche:
1° gennaio 2007);
• decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito con modifiche
nella legge 26 febbraio 2007, n. 17 (le modifiche di carattere
aggiuntivo apportate dalla legge 17/2007 sono evidenziate in viola
sottolineato. Entrata in vigore delle modifiche: 27
febbraio 2007);
• Dpr 14 maggio 2007, n. 90 (entrata in vigore delle modifiche: 25
luglio 2007);
• Dlgs 6 novembre 2007, n. 205 (Entrata in vigore delle modifiche:
24 novembre 2007).
Le soppressioni sono evidenziate con barra sulle singole parti
del testo.
Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Supplemento ordinario n. 96 alla Gazzetta ufficiale 14 aprile 2006
n. 88)
Norme in materia ambientale
Il Presidente della Repubblica
Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, recante delega al Governo per
il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in
materia ambientale e misure di diretta applicazione;
Visto l'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, recante
disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento
di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli
Enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59;
Viste le direttive 2001/42/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di
determinati piani e programmi sull'ambiente, e 85/337/Cee del Consiglio,
del 27 giugno 1985, come modificata dalle direttive 97/11/Ce del
Consiglio, del 3 marzo 1997, e 2003/35/Ce del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 26 maggio 2003, concernente la valutazione di impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati, nonchè riordino
e coordinamento delle procedure per la valutazione di impatto ambientale
(Via), per la valutazione ambientale strategica (Vas) e per la
prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (Ippc);
Vista la direttiva 96/61/Ce del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla
prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento;
Vista la direttiva 2000/60/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria
in materia di acque;
Vista la direttiva 91/156/Cee del Consiglio, del 18 marzo 1991, che
modifica la direttiva 75/442/Cee relativa ai rifiuti;
Vista la direttiva 91/689/Cee del Consiglio, del 12 dicembre 1991,
relativa ai rifiuti pericolosi;
Vista la direttiva 94/62/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del
20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio;
Vista la direttiva 84/360/Cee del Consiglio, del 28 giugno 1984,
concernente la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli
impianti industriali;
Vista la direttiva 94/63/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del
20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici
volatili (Cov) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua
distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio;
Vista la direttiva 1999/13/Ce del Consiglio, dell'11 marzo 1999,
concernente la limitazione delle emissioni di composti organici volatili
dovute all'uso di solventi organici in talune attività e in taluni
impianti;
Vista la direttiva 1999/32/Ce del Consiglio, del 26 aprile 1999,
relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili
liquidi e recante modifica della direttiva 93/12/Cee;
Vista la direttiva 2001/80/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 23 ottobre 2001, concernente la limitazione delle emissioni
nell'atmosfera di taluni inquinanti originati dai grandi impianti di
combustione;
Vista la direttiva 2004/35/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di
prevenzione e riparazione del danno ambientale, che, in vista di questa
finalità, "istituisce un quadro per la responsabilità
ambientale" basato sul principio "chi inquina paga";
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 18 novembre 2005;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 19 gennaio 2006;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle
riunioni del 10 febbraio e del 29 marzo 2006;
Sulla proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per la funzione
pubblica, per gli affari regionali, dell'interno, della giustizia, della
difesa, dell'economia e delle finanze, delle attività produttive, della
salute, delle infrastrutture e dei trasporti e delle politiche agricole
e forestali;
Emana il seguente decreto legislativo:
Parte prima
Disposizioni comuni
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della
legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti:
a) nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale
strategica (Vas), per la valutazione d'impatto ambientale (Via) e per
l'autorizzazione ambientale integrata (Ippc);
b) nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla
desertificazione, la tutela delle acque dall'inquinamento e la gestione
delle risorse idriche;
c) nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti
contaminati;
d) nella parte quinta, la tutela dell'aria e la riduzione delle
emissioni in atmosfera;
e) nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni
all'ambiente.
Articolo 2
Finalità
1. Il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la
promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare
attraverso la salvaguardia ed il miglioramento delle condizioni
dell'ambiente e l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali.
2. Per le finalità di cui al comma 1, il presente decreto
provvede al riordino, al coordinamento e all'integrazione delle
disposizioni legislative nelle materie di cui all'articolo 1, in
conformità ai principi e criteri direttivi di cui ai commi 8 e 9
dell'articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, e nel rispetto
dell'ordinamento comunitario, delle attribuzioni delle Regioni e degli
Enti locali.
3. Le disposizioni di cui al presente decreto sono attuate
nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste a
legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
Articolo 3
Criteri per l'adozione dei provvedimenti successivi
1. Le norme di cui al presente decreto non possono essere derogate,
modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante
modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute.
2. Entro due anni dalla data di pubblicazione del presente
decreto legislativo, con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il
Governo, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, adotta i necessari provvedimenti per la modifica e
l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia
ambientale, nel rispetto delle finalità, dei principi e delle
disposizioni di cui al presente decreto.
3. Ai fini della predisposizione dei provvedimenti di cui al
comma 2, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si
avvale del parere delle rappresentanze qualificate degli interessi
economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le
politiche ambientali (Cespa), senza nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica.
4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio provvede alla modifica ed
all'integrazione delle norme tecniche in materia ambientale con uno o più
regolamenti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle finalità, dei principi e
delle disposizioni di cui al presente decreto. Resta ferma
l'applicazione dell'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11,
relativamente al recepimento di direttive comunitarie modificative delle
modalità esecutive e di caratteristiche di ordine tecnico di direttive
già recepite nell'ordinamento nazionale.
5. Ai fini degli adempimenti di cui al presente articolo, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio si avvale, per la
durata di due anni e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, di un gruppo di dieci esperti nominati, con proprio decreto,
fra professori universitari, dirigenti apicali di istituti pubblici di
ricerca ed esperti di alta qualificazione nei settori e nelle materie
oggetto del presente decreto. Ai componenti del gruppo di esperti non
spetta la corresponsione di compensi, indennità, emolumenti a qualsiasi
titolo riconosciuti o rimborsi spese.
(omissis)
Parte terza
Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di
tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche
Sezione I
Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione
Titolo I
Principi generali e competenze
Capo I
Principi generali
Articolo 53
Finalità
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad
assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il
risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei
fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e
la lotta alla desertificazione,
2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la
pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere
conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonchè
preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che
seguono.
3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1
concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le Regioni a
statuto speciale ed ordinario, le Province autonome di Trento e di
Bolzano, le Province, i Comuni e le comunità montane e i consorzi di
bonifica e di irrigazione.
Articolo 54
Definizioni
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) suolo: il territorio, il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere
infrastrutturali;
b) acque: le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come
di seguito specificate;
c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole acque
sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per
quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse
anche le acque territoriali;
d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto la superficie
del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo o
il sottosuolo;
e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti e
tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da
riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
f) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in
superficie, ma che può essere parzialmente sotterraneo;
g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità
della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa
della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati
dai flussi di acqua dolce;
i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a
una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul
lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da
riferimento per definire il limite delle acque territoriali, e che si
estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di
transizione;
l) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di
acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente,
un fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, nonchè di
acque di transizione o un tratto di acque costiere;
m) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da
un'attività umana;
n) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la
cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività
umana, è sostanzialmente modificata;
o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee
contenute da una o più falde acquifere;
p) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri
strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire
un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità
significative di acque sotterranee;
q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che costituiscono il
sistema drenante alveato del bacino idrografico;
r) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque
superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente
laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
s) sottobacino o sub-bacino: il territorio nel quale scorrono tutte le
acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed
eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso
d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
t) distretto idrografico: area di terra e di mare, costituita da uno o
più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e
costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini
idrografici;
u) difesa del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili
alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e
collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera,
delle acque sotterranee, nonchè del territorio a questi connessi,
aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i
fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del
patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e
paesaggistiche collegate;
v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza aree ove
processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici,
del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul
territorio;
z) opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il
sistema drenante alveato del bacino idrografico.
Articolo 55
Attività conoscitiva
1. Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui
all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono
comprese le azioni di:
a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
b) accertamento, sperimentazione, ricerca e studio degli elementi
dell'ambiente fisico e delle condizioni generali di rischio;
c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche del territorio;
d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione dei
piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente
sezione;
e) attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta
necessaria per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.
2. L'attività conoscitiva di cui al presente articolo è svolta,
sulla base delle deliberazioni di cui all'articolo 57, comma 1, secondo
criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione e consultazione,
nonchè modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti
pubblici comunque operanti nel settore, che garantiscano la possibilità
di omogenea elaborazione ed analisi e la costituzione e gestione, ad
opera del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat)
di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300,
di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi
informativi regionali e quelli delle Province autonome.
3. È fatto obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad
ordinamento autonomo, nonchè alle istituzioni ed agli Enti pubblici,
anche economici, che comunque raccolgano dati nel settore della difesa
del suolo, di trasmetterli alla Regione territorialmente interessata ed
al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat),
secondo le modalità definite ai sensi del comma 2 del presente
articolo.
4. L'Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) contribuisce
allo svolgimento dell'attività conoscitiva di cui al presente articolo,
in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative di cui al comma
1, lettera e), nonchè ai fini della diffusione dell'informazione
ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto
2005, n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/Ce del Parlamento
europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto
previsto dall'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresì
con riguardo a:
a) inquinamento dell'aria;
b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico
integrato;
c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
d) tutela del territorio;
e) sviluppo sostenibile;
f) ciclo integrato dei rifiuti;
g) energie da fonti energetiche rinnovabili;
h) parchi e aree protette.
5. L'Anci provvede all'esercizio delle attività di cui al comma
4 attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al
monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime
di convenzione con il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio sono definiti i criteri e le modalità di esercizio delle
suddette attività. Per lo svolgimento di queste ultime viene destinata,
nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione in essere,
una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento dell'ammontare
della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento previste
per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Per
l'esercizio finanziario 2006, all'onere di cui sopra si provvede a
valere sul fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela
ambientale.
Articolo 56
Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione
1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione
degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo
53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali
proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:
a) la sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini
idrografici, con interventi idrogeologici, idraulici,
idraulico-forestali, idraulico-agrari, silvo-pastorali, di forestazione
e di bonifica, anche attraverso processi di recupero naturalistico,
botanico e faunistico;
b) la difesa, la sistemazione e la regolazione dei corsi d'acqua, dei
rami terminali dei fiumi e delle loro foci nel mare, nonchè delle zone
umide;
c) la moderazione delle piene, anche mediante serbatoi di invaso, vasche
di laminazione, casse di espansione, scaricatori, scolmatori, diversivi
o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;
d) la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei
laghi, nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del
territorio, inclusi erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste;
e) la difesa e il consolidamento dei versanti e delle aree instabili,
nonchè la difesa degli abitati e delle infrastrutture contro i
movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di dissesto;
f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita
delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante
operazioni di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio
e delle falde sotterranee;
g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e
dall'erosione delle acque marine ed il rifacimento degli arenili, anche
mediante opere di ricostituzione dei cordoni dunosi;
h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e
profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica,
garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il
minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonchè la polizia delle
acque;
i) lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di
navigazione interna, nonchè della gestione dei relativi impianti;
l) la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere e degli
impianti nel settore e la conservazione dei beni;
m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi di cui
alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche
mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la
conservazione delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali
e lacuali e di aree protette;
n) il riordino del vincolo idrogeologico.
2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri,
metodi e standard, nonchè modalità di coordinamento e di
collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati,
tra l'altro, a garantire omogeneità di:
a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi
compresi gli abitati ed i beni;
b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione
dei servizi connessi.
Capo II
Competenze
Articolo 57
Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli
interventi nel settore della difesa del suolo
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri, approva con proprio decreto:
a) su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio:
1) le deliberazioni concernenti i metodi ed i criteri, anche tecnici,
per lo svolgimento delle attività di cui agli articoli 55 e 56, nonchè
per la verifica ed il controllo dei piani di bacino e dei programmi di
intervento;
2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-Regioni;
3) gli atti volti a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in
caso di persistente inattività dei soggetti ai quali sono demandate le
funzioni previste dalla presente sezione;
4) ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato
dalla presente sezione;
b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma 2, il programma
nazionale di intervento.
2. Il Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della
difesa del suolo opera presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su
sua delega, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, è
composto da quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture e dei
trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole e
forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attività
culturali, nonchè dal delegato del Presidente del Consiglio dei
Ministri in materia di protezione civile.
3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza ed
adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone
al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma
nazionale di intervento, che coordina con quelli delle Regioni e degli
altri Enti pubblici a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.
4. Al fine di assicurare il necessario coordinamento tra le
diverse amministrazioni interessate, il Comitato dei Ministri propone
gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente o indirettamente
connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione di
distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei
relativi atti.
5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il
Comitato dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni
statali competenti.
6. I princìpi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al
presente articolo sono definiti sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano.
Articolo 58
Competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita
le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate
dalla presente sezione, ferme restando le competenze istituzionali del
Servizio nazionale di protezione civile.
2. In particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio:
a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-Regioni, ai fini
dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri
per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione
interna e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e
degli impianti e la conservazione dei beni;
b) predispone la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni
dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo stato
dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986,
n. 349, nonchè la relazione sullo stato di attuazione dei programmi
triennali di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69,
da allegare alla relazione previsionale e programmatica. La relazione
sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la
relazione sullo stato dell'ambiente sono redatte avvalendosi del
Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia
per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat);
c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio
1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di
pianificazione, delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi
per la tutela e l'utilizzazione delle acque e per la tutela
dell'ambiente.
3. Ai fini di cui al comma 2, il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio svolge le seguenti funzioni:
a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia
di difesa del suolo;
b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni e
altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine
al fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme
restando le competenze del Dipartimento della protezione civile in
merito agli interventi di somma urgenza;
c) indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti del
Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui
all'articolo 63;
d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio
nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa
del suolo, nonchè con riguardo all'impatto ambientale
dell'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali, delle opere
di competenza statale e delle tra sformazion i territoriali;
e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta,
elaborazione, da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento
difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i
servizi tecnici (Apat), e di consultazione dei dati, definizione di
modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici
operanti nel settore, nonchè definizione degli indirizzi per
l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle
condizioni generali di rischio;
f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione dei piani, dei
programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore della
difesa del suolo;
g) coordinamento dei sistemi cartografici.
Articolo 59
Competenze della conferenza Stato-Regioni
1. La Conferenza Stato-Regioni formula pareri, proposte ed
osservazioni, anche ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e
coordinamento di cui all'articolo 57, in ordine alle attività ed alle
finalità di cui alla presente sezione, ed ogni qualvolta ne è
richiesta dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. In
particolare:
a) formula proposte per l'adozione degli indirizzi, dei metodi e dei
criteri di cui al predetto articolo 57;
b) formula proposte per il costante adeguamento scientifico ed
organizzativo del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del
suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi
tecnici (Apat) e per il suo coordinamento con i servizi, gli istituti,
gli uffici e gli Enti pubblici e privati che svolgono attività di
rilevazione, studio e ricerca in materie riguardanti, direttamente o
indirettamente, il settore della difesa del suolo;
c) formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro
conformità agli indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
d) esprime pareri sulla ripartizione degli stanziamenti autorizzati da
ciascun programma triennale tra i soggetti preposti all'attuazione delle
opere e degli interventi individuati dai piani di bacino;
e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.
Articolo 60
Competenze dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi
tecnici - Apat
1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie
del Servizio nazionale di protezione civile, l'Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat) esercita, mediante il
Servizio geologico d'Italia-Dipartimento difesa del suolo, le seguenti
funzioni:
a) svolgere l'attività conoscitiva, qual'è definita all'articolo 55;
b) realizzare il sistema informativo unico e la rete nazionale integrati
di rilevamento e sorveglianza;
c) fornire, a chiunque ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze,
secondo un tariffario fissato ogni biennio con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al principio della
partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne usufruisca.
Articolo 61
Competenze delle Regioni
1. Le Regioni, ferme restando le attività da queste svolte
nell'ambito delle competenze del Servizio nazionale di protezione
civile, ove occorra d'intesa tra loro, esercitano le funzioni e i
compiti ad esse spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente
determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali, ed in
particolare:
a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione dei piani di bacino
dei distretti idrografici secondo le direttive assunte dalla Conferenza
istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, ed adottano
gli atti di competenza;
b) formulano proposte per la formazione dei programmi e per la redazione
di studi e di progetti relativi ai distretti idrografici;
c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione
dei piani di tutela di cui all'articolo 121;
d) per la parte di propria competenza, dispongono la redazione e
provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei progetti, degli
interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici,
istituendo, ove occorra, gestioni comuni;
e) provvedono, per la parte di propria competenza, all'organizzazione e
al funzionamento del servizio di polizia idraulica ed a quelli per la
gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti e la
conservazione dei beni;
f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento della navigazione
interna, ferme restando le residue competenze spettanti al Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti;
g) predispongono annualmente la relazione sull'uso del suolo e sulle
condizioni dell'assetto idrogeologico del territorio di competenza e
sullo stato di attuazione del programma triennale in corso e la
trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
entro il mese di dicembre;
h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria in materia di
conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo e di
tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed
esercitano ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.
2. Il Registro italiano dighe (Rid) provvede in via esclusiva,
anche nelle zone sismiche, alla identificazione e al controllo dei
progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta o traverse
che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di invaso
superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero
delle attività produttive tutte le opere di sbarramento che determinano
invasi adibiti esclusivamente a deposito o decantazione o lavaggio di
residui industriali.
3. Rientrano nella competenza delle Regioni e delle Province
autonome di Trento e di Bolzano le attribuzioni di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, per gli
sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e che determinano un
invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali sbarramenti,
ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza
statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti. Il Registro italiano dighe (Rid)
fornisce alle Regioni il supporto tecnico richiesto.
4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa alla
progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi
altezza e capacità di invaso.
5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al Regio
decreto-legge 30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate
dalle Regioni.
6. Restano ferme tutte le altre funzioni amministrative già
trasferite o delegate alle Regioni.
Articolo 62
Competenze degli Enti locali e di altri soggetti
1. I Comuni, le Province, i loro consorzi o associazioni, le comunità
montane, i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino
imbrifero montano e gli altri Enti pubblici e di diritto pubblico con
sede nel distretto idrografico partecipano all'esercizio delle funzioni
regionali in materia di difesa del suolo nei modi e nelle forme
stabilite dalle Regioni singolarmente o d'intesa tra loro, nell'ambito
delle competenze del sistema delle autonomie locali.
2. Gli Enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di
apposite convenzioni, del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento
difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i
servizi tecnici (Apat) e sono tenuti a collaborare con la stessa.
Articolo 63
Autorità di bacino distrettuale
1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 è
istituita l'Autorità di bacino distrettuale, di seguito Autorità di
bacino, Ente pubblico non economico che opera in conformità agli
obiettivi della presente sezione ed uniforma la propria attività a
criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità.
2. Sono organi dell'Autorità di bacino: la Conferenza
istituzionale permanente, il Segretario generale, la Segreteria
tecnico-operativa e la Conferenza operativa di servizi. Con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione
pubblica, da emanarsi sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni
entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza
del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalità per
l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse
patrimoniali e finanziarie, salvaguardando i livelli occupazionali,
definiti alla data del 31 dicembre 2005, e previa consultazione dei
sindacati.
3. Le autorità di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n.
183, sono soppresse a far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni
sono esercitate dalle Autorità di bacino distrettuale di cui alla parte
terza del presente decreto. Il decreto di cui al comma 2 disciplina il
trasferimento di funzioni e regolamenta il periodo transitorio.
4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle
Autorità di bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale
permanente presieduta e convocata, anche su proposta delle
amministrazioni partecipanti, dal Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio su richiesta del Segretario generale, che vi partecipa
senza diritto di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente
partecipano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio,
delle infrastrutture e dei trasporti, delle attività produttive, delle
politiche agricole e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e
le attività culturali o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonchè
i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome il cui territorio
è interessato dal distretto idrografico o gli Assessori dai medesimi
delegati, oltre al delegato del Dipartimento della protezione civile.
Alle conferenze istituzionali permanenti del distretto idrografico della
Sardegna e del distretto idrografico della Sicilia partecipano, oltre ai
Presidenti delle rispettive Regioni, altri due rappresentanti per
ciascuna delle predette Regioni, nominati dai Presidenti regionali. La
conferenza istituzionale permanente delibera a maggioranza. Gli atti di
pianificazione tengono conto delle risorse finanziarie previste a
legislazione vigente.
5. La conferenza istituzionale permanente di cui al comma 4:
a) adotta criteri e metodi per la elaborazione del Piano di bacino in
conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 57;
b) individua tempi e modalità per l'adozione del Piano di bacino, che
potrà eventualmente articolarsi in piani riferiti a sub-bacini;
c) determina quali componenti del piano costituiscono interesse
esclusivo delle singole Regioni e quali costituiscono interessi comuni a
più Regioni;
d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque
l'elaborazione del Piano di bacino;
e) adotta il Piano di bacino;
f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici del
Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di grave ritardo
nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto ai
tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente,
fissando il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso
infruttuosamente tale termine, all'adozione delle misure necessarie ad
assicurare l'avvio dei lavori provvede, in via sostitutiva, il
Presidente della Giunta regionale interessata che, a tal fine, può
avvalersi degli organi decentrati e periferici del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti;
g) nomina il Segretario generale.
6. La Conferenza operativa di servizi è composta dai
rappresentanti dei Ministeri di cui al comma 4, delle Regioni e delle
Province autonome interessate, nonchè da un rappresentante del
Dipartimento della protezione civile; è convocata dal Segretario
Generale, che la presiede, e provvede all'attuazione ed esecuzione di
quanto disposto ai sensi del comma 5, nonchè al compimento degli atti
gestionali. La conferenza operativa di servizi delibera a maggioranza.
7. Le Autorità di bacino provvedono, tenuto conto delle risorse
finanziarie previste a legislazione vigente:
a) all'elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo
65;
b) ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di
bacino dei piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali
relativi alla difesa del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla
tutela delle acque e alla gestione delle risorse idriche;
c) all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche che figurano negli
allegati alla parte terza del presente decreto, di un'analisi delle
caratteristiche del distretto, di un esame sull'impatto delle attività
umane sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee,
nonchè di un'analisi economica dell'utilizzo idrico.
8. Fatte salve le discipline adottate dalle Regioni ai sensi
dell'articolo 62, le Autorità di bacino coordinano e sovrintendono le
attività e le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica
integrale di cui al Regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonchè del
consorzio del Ticino - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed
esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, del consorzio
dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio
dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del consorzio dell'Adda - Ente
autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera
regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione,
manutenzione ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla
realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento
delle acque, anche al fine della loro utilizzazione irrigua, alla
rinaturalizzazione dei corsi d'acqua ed alla fitodepurazione.
Titolo II
I distretti idrografici, gli strumenti, gli interventi
Capo I
Distretti idrografici
Articolo 64
Distretti idrografici
1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, è
ripartito nei seguenti distretti idrografici:
a) distretto idrografico delle Alpi orientali, con superficie di circa
39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989, n.
183;
2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
3) Lemene, Fissare Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali ai
sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, già bacini regionali
ai sensi della legge n. 183 del 1989;
b)distretto idrografico Padano, con superficie di circa 74.115 Kmq,
comprendente il bacino del Po, già bacino nazionale ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
c) distretto idrografico dell'Appennino settentrionale, con superficie
di circa 39.000 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi della legge n.
183 del 1989;
5) Reno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
6) bacini della Liguria, già bacini regionali ai sensi della legge n.
183 del 1989;
7) bacini della Toscana, già bacini regionali ai sensi della legge n.
183 del 1989;
8) fiumi Uniti, Montone, Ronco, Savio, Rubicone e Uso, già bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Foglia, Arzilla, Metauro, Cesano, Misa, Esino, Musone altri bacini
minori, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) Lamone, già bacino regionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
11) bacini minori afferenti alla costa Romagnola, già bacini regionali
ai sensi della legge n. 183 del 1989;
d) distretto idrografico pilota del Serchio, con superficie di circa
1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;
e) distretto idrografico dell'Appennino centrale, con superficie di
circa 35.800 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Tevere, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Tronto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
4) bacini dell'Abruzzo, già bacini regionali ai sensi della legge n.
183 del 1989;
5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183
del 1989;
6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino e bacini minori
delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183 del
1989;
f) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, con superficie di
circa 68.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Liri-Garigliano, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Scic, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della legge n. 183
del 1989;
5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini interregionali ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
7) Ofanto, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
8) Lao, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Trigno, già bacino interregionale ai sensi della legge n. 183 del
1989;
10) bacini della Campania, già bacini regionali ai sensi della legge n.
183 del 1989;
11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi della legge n.
183 del 1989;
12) bacini della Basilicata, già bacini regionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
13) bacini della Calabria, già bacini regionali ai sensi della legge n.
183 del 1989;
14) bacini del Molise, già bacini regionali ai sensi della legge n. 183
del 1989;
g) distretto idrografico della Sardegna, con superficie di circa 24.000
Kmq, comprendente i bacini della Sardegna, già bacini regionali ai
sensi della legge n. 183 del 1989;
h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie di circa 26.000
Kmq, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini regionali ai sensi
della legge n. 183 del 1989.
Capo II
Gli strumenti
Articolo 65
Valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale
1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha
valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo,
normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e
programmate le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione,
alla difesa e alla valorizzazione del suolo ed alla corretta
utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed
ambientali del territorio interessato.
2. Il Piano di bacino è redatto dall'Autorità di bacino in base
agli indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed
interventi sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani,
ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle.
3. Il Piano di bacino, in conformità agli indirizzi, ai metodi e
ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale permanente di cui
all'articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate all'articolo 56
e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui
all'allegato 4 alla parte terza del presente decreto:
a) il quadro conoscitivo organizzato ed aggiornato del sistema fisico,
delle utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici
comunali ed intercomunali, nonchè dei vincoli, relativi al distretto,
di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e
potenziali, di degrado del sistema fisico, nonchè delle relative cause;
c) le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la
sistemazione idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e
dei suoli;
d) l'indicazione delle opere necessarie distinte in funzione:
1) dei pericoli di inondazione e della gravità ed estensione del
dissesto;
2) dei pericoli di siccità;
3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
4) del perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico o
di riequilibrio territoriale nonchè del tempo necessario per assicurare
l'efficacia degli interventi;
e) la programmazione e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie,
forestali ed estrattive;
f) la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere
idrauliche, idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di
bonifica idraulica, di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di
ogni altra azione o norma d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione
del suolo ed alla tutela dell'ambiente;
g) il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla
lettera f), qualora siano già state intraprese con stanziamenti
disposti da leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito
dell'approvazione dei relativi atti di programmazione;
h) le opere di protezione, consolidamento e sistemazione dei litorali
marini che sottendono il distretto idrografico;
i) i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e
boschive che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto
idrogeologico;
l) la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di
governo e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici,
dell'impatto ambientale e delle risorse finanziarie per i principali
interventi previsti;
m) la normativa e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei
materiali litoidi dal demanio fluviale, lacuale e marittimo e le
relative fasce di rispetto, specificatamente individuate in funzione del
buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio geostatico e
geomorfologico dei terreni e dei litorali;
n) l'indicazione delle zone da assoggettare a speciali vincoli e
prescrizioni in rapporto alle specifiche condizioni idrogeologiche, ai
fini della conservazione del suolo, della tutela dell'ambiente e della
prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi antropici;
o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di
desertificazione, anche mediante programmi ed interventi utili a
garantire maggiore disponibilità della risorsa idrica ed il riuso della
stessa;
p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni in atto con specificazione
degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od altri e delle portate;
q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca, la navigazione
od altre;
r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia per le derivazioni
che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e secondo le
quantità;
s) le priorità degli interventi ed il loro organico sviluppo nel tempo,
in relazione alla gravità del dissesto;
t) l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione
vigente.
4. Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere
immediatamente vincolante per le amministrazioni ed Enti pubblici, nonchè
per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale
efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e
programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio
devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di
bacino approvato.
5. Ai fini di cui al comma 4, entro dodici mesi dall'approvazione
del Piano di bacino le autorità competenti provvedono ad adeguare i
rispettivi piani territoriali e programmi regionali quali, in
particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche ed
agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione dei
rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.
6. Fermo il disposto del comma 4, le Regioni, entro novanta
giorni dalla data di pubblicazione del Piano di bacino sui rispettivi
Bollettini ufficiali regionali, emanano ove necessario le disposizioni
concernenti l'attuazione del piano stesso nel settore urbanistico.
Decorso tale termine, gli Enti territorialmente interessati dal Piano di
bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore
urbanistico. Qualora gli Enti predetti non provvedano ad adottare i
necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei
mesi dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque
entro nove mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di
bacino, all'adeguamento provvedono d'ufficio le Regioni.
7. In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, le Autorità
di bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai
bacini montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo
valle ed ai contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma
3. Le misure di salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in
vigore sino all'approvazione del Piano di bacino e comunque per un
periodo non superiore a tre anni. In caso di mancata attuazione o di
inosservanza, da parte delle Regioni, delle Province e dei comuni, delle
misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa derivare un grave danno
al territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella
diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure
provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di
lavori o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle
amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di
cui al presente comma riguarda un ufficio periferico dello Stato, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio informa senza
indugio il Ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume
le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la
necessità di un intervento cautelare per evitare un grave danno al
territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, adotta l'ordinanza
cautelare di cui al presente comma.
8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche
per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, che, in
ogni caso, devono costituire fasi sequenziali e interrelate rispetto ai
contenuti di cui al comma 3. Deve comunque essere garantita la
considerazione sistemica del territorio e devono essere disposte, ai
sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari in
relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.
9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Articolo 66
Adozione ed approvazione dei piani di bacino
1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti
a valutazione ambientale strategica (Vas) in sede statale, secondo la
procedura prevista dalla parte seconda del presente decreto.
2. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale
ai fini di cui al comma 1, è adottato a maggioranza dalla Conferenza
istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che, con
propria deliberazione, contestualmente stabilisce:
a) i termini per l'adozione da parte delle Regioni dei provvedimenti
conseguenti;
b) quali componenti del piano costituiscono interesse esclusivo delle
singole Regioni e quali costituiscono interessi comuni a due o più
Regioni.
3. Il Piano di bacino, corredato dal relativo rapporto ambientale
di cui ai comma 2, è inviato ai componenti della Conferenza
istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data fissata
per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di
adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto
alle opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
4. In caso di inerzia in ordine agli adempimenti regionali, il
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, previa diffida ad adempiere
entro un congruo termine e sentita la Regione interessata, assume i
provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario
"ad acta", per garantire comunque lo svolgimento delle
procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione del piano.
5. Dell'adozione del piano è data notizia secondo le forme e con
le modalità previste dalla parte seconda del presente decreto ai fini
dell'esperimento della procedura di valutazione ambientale strategica (Vas)
in sede statale.
6. Conclusa la procedura di valutazione ambientale strategica (Vas),
sulla base del giudizio di compatibilità ambientale espresso
dall'autorità competente, i piani di bacino sono approvati con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, con le modalità di cui
all'articolo 57, comma 1, lettera a), numero 2), e sono poi pubblicati
nella Gazzetta ufficiale e nei Bollettini ufficiali delle Regioni
territorialmente competenti.
7. Le Autorità di bacino promuovono la partecipazione attiva di
tutte le parti interessate all'elaborazione, al riesame e
all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinché, per
ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per
eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un
periodo minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte,
i seguenti documenti:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del
piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono
essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano
si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di
gestione delle acque, identificati nel bacino idrografico almeno due
anni prima dell'inizio del periodo cui si riferisce il piano;
c) copie del progetto del piano di bacino, almeno un anno prima
dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
Articolo 67
I piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di
prevenzione per le aree a rischio
1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di
bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di
distretto per l'assetto idrogeologico (Pai), che contengano in
particolare l'individuazione delle aree a rischio idrogeologico, la
perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia e la
determinazione delle misure medesime.
2. Le Autorità di bacino, anche in deroga alle procedure di cui
all'articolo 66, approvano altresì piani straordinari diretti a
rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, redatti
anche sulla base delle proposte delle Regioni e degli Enti locali. I
piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le aree a
rischio irirogeologico per le quali è stato dichiarato lo stato di
emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n.
225. I piani straordinari contengono in particolare l'individuazione e
la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato per
l'incolumità delle persone e per la sicurezza delle infrastrutture e
del patrimonio ambientale e culturale. Per tali aree sono adottate le
misure di salvaguardia ai sensi dell'articolo 65, comma 7, anche con
riferimento ai contenuti di cui al comma 3, lettera d), del medesimo
articolo 65. In caso di inerzia da parte delle Autorità di bacino, il
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Comitato dei
Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti relativi
all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle
predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in
assenza dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore
sino all'approvazione di detti piani. I piani straordinari approvati
possono essere integrati e modificati con le stesse modalità di cui al
presente comma, in particolare con riferimento agli interventi
realizzati ai fini della messa in sicurezza delle aree interessate.
3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma 2,
tenendo conto dei programmi già adottati da parte delle Autorità di
bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo,
definisce, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, programmi di
interventi urgenti, anche attraverso azioni di manutenzione dei
distretti idrografici, per la riduzione del rischio idrogeologico nelle
zone in cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più
elevati pericoli per le persone, le cose ed il patrimonio ambientale,
con priorità per le aree ove è stato dichiarato lo stato di emergenza,
ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Per la
realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro
delle infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le Regioni
interessate, le ordinanze di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24
febbraio 1992, n. 225.
4. Per l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui
ai commi 1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, del Dipartimento della
protezione civile, nonché della collaborazione del Corpo forestale
dello Stato, delle Regioni, delle Autorità di bacino, del Gruppo
nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio
nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali, del Servizio
geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la
protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat), per quanto di
rispettiva competenza.
5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti di cui ai commi
1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre,
per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle in
cui la maggiore vulnerabilità del territorio è connessa con più
elevati pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale,
piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia
dell'incolumità delle popolazioni interessate, compreso il
preallertamento, l'allarme e la messa in salvo preventiva.
6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati le
infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico.
Sulla base di tali individuazioni, le Regioni stabiliscono le misure di
incentivazione a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di
adeguare le infrastrutture e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio
le attività produttive e le abitazioni private. A tale fine le Regioni,
acquisito il parere degli Enti locali interessati, predispongono, con
criteri di priorità connessi al livello di rischio, un piano per
l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone altresì un congruo
termine, e per la concessione di incentivi finanziari per la
rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni private
realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia o
condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi
introitati ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demolizione
dei manufatti; il terreno di risulta viene acquisito al patrimonio
indisponibile dei comuni. All'abbattimento dei manufatti si provvede con
le modalità previste dalla normativa vigente. Ove i soggetti
interessati non si avvalgano della facoltà di usufruire delle predette
incentivazioni, essi decadono da eventuali benefìci connessi ai danni
derivanti agli insediamenti di loro proprietà in conseguenza del
verificarsi di calamità naturali.
7. Gli atti di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono
contenere l'indicazione dei mezzi per la loro realizzazione e della
relativa copertura finanziaria.
Articolo 68
Procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio
1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio
idrogeologico, di cui al comma 1 dell'articolo 67, non sono sottoposti a
valutazione ambientale strategica (Vas) e sono adottati con le modalità
di cui all'articolo 66.
2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve
avvenire, sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non
oltre sei mesi dalla data di adozione del relativo progetto di piano.
3. Ai fini dell'adozione ed attuazione dei piani stralcio e della
necessaria coerenza tra pianificazione di distretto e pianificazione
territoriale, le Regioni convocano una conferenza programmatica,
articolata per sezioni provinciali, o per altro àmbito territoriale
deliberato dalle Regioni stesse, alla quale partecipano le Province ed i
Comuni interessati, unitamente alla Regione e ad un rappresentante
dell'Autorità di bacino.
4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto
di piano con particolare riferimento alla integrazione su scala
provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie
prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche.
Capo III
Gli interventi
Articolo 69
Programmi di intervento
1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di
intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle
finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per
farvi fronte e della relativa copertura finanziaria.
2. I programmi triennali debbono destinare una quota non
inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente a:
a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e
dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina
e dei magazzini idraulici;
b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione
interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di
studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del
suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei
progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale
delle opere principali.
3. Le Regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza
istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono
provvedere con propri stanziamenti alla realizzazione di opere e di
interventi previsti dai piani di bacino, sotto il controllo della
predetta conferenza.
4. Le Province, i comuni, le comunità montane e gli altri Enti
pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale
permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con
propri stanziamenti alla realizzazione di opere e interventi previsti
dai piani di bacino.
Articolo 70
Adozione dei programmi
1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza
istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi
sono inviati ai componenti della conferenza stessa almeno venti giorni
prima della data fissata per la conferenza; in caso di decisione a
maggioranza, la delibera di adozione deve fornire una adeguata ed
analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti espresse in
seno alla conferenza.
2. La scadenza di ogni programma triennale è stabilita al 31
dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate per
l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora
impegnata alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del
programma triennale successivo per l'attuazione degli interventi
previsti dal programma triennale in corso o dalla sua revisione.
3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno del programma
triennale in corso, i nuovi programmi di intervento relativi al triennio
successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma 1, sono
trasmessi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
affinché, entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni
contenute nei programmi e sentita la Conferenza Stato-Regioni, trasmetta
al Ministro dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno
finanziario per il successivo triennio, ai fini della predisposizione
del disegno di legge finanziaria.
4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma
attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base
ad accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Articolo 71
Attuazione degli interventi
1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative
attribuite alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche
mediante affidamento di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi
professionisti o organizzazioni tecnico-professionali specializzate, in
conformità ad apposite direttive impartite dalla Conferenza
istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4.
2. L'esecuzione di opere di pronto intervento può avere
carattere definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.
3. Tutti gli atti di concessione per l'attuazione di interventi
ai sensi della presente sezione sono soggetti a registrazione a tassa
fissa.
Articolo 72
Finanziamento
1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione
ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria
fondiaria, gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale
carico dello Stato e si attuano mediante i programmi triennali di cui
all'articolo 69.
2. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi
dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n.
468. I predetti stanziamenti sono iscritti nello stato di previsione del
Ministero dell'economia e delle finanze fino all'espletamento della
procedura di ripartizione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo
sulla cui base il Ministro dell'economia e delle finanze apporta, con
proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la
Conferenza Stato-Regioni, predispone lo schema di programma nazionale di
intervento per il triennio e la ripartizione degli stanziamenti tra le
Amministrazioni dello Stato e le Regioni, tenendo conto delle priorità
indicate nei singoli programmi ed assicurando, ove necessario, il
coordinamento degli interventi. A valere sullo stanziamento complessivo
autorizzato, lo stesso Comitato dei Ministri propone l'ammontare di una
quota di riserva da destinare al finanziamento dei programmi per
l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat).
4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli
stanziamenti, ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Agenzia per
la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat), sono
approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi
dell'articolo 57.
5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, entro
trenta giorni dall'approvazione del programma triennale nazionale, su
proposta della Conferenza Stato-Regioni, individua con proprio decreto
le opere di competenza regionale, che rivestono grande rilevanza
tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale e
del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere
del Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta
giorni dalla richiesta.
Sezione II
Tutela delle acque dall'inquinamento
Titolo I
Principi generali e competenze
Articolo 73
Finalità
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la
disciplina generale per la tutela delle acque superficiali, marine e
sotterranee perseguendo i seguenti obiettivi:
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento dei corpi
idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate
protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con
priorità per quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici,
nonchè la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e
ben diversificate;
e) mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità contribuendo
quindi a:
1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e
sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile,
equilibrato ed equo;
2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;
3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi
degli accordi internazionali in materia, compresi quelli miranti a
impedire ed eliminare l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di
arrestare o eliminare gradualmente gli scarichi, le emissioni e le
perdite di sostanze pericolose prioritarie al fine ultimo di pervenire a
concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine ai valori del fondo
naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le
sostanze sintetiche antropogeniche;
f) impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo
stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle
zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il
profilo del fabbisogno idrico.
2. Il raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1 si
realizza attraverso i seguenti strumenti:
a) l'individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica
destinazione dei corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi
nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato sistema di
controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato,
nonchè la definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di
qualità del corpo recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collegamento e depurazione
degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;
e) l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione
dell'inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l'individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al
riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche;
g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle
emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente
sostanze pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorché
contenenti sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere
nell'ambiente marino concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale
per le sostanze presenti in natura e vicine allo zero per le sostanze
sintetiche antropogeniche;
h) l'adozione delle misure volte al controllo degli scarichi e delle
emissioni nelle acque superficiali secondo un approccio combinato.
3. Il perseguimento delle finalità e l'utilizzo degli strumenti
di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse finanziarie previste
dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere le acque
territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi
internazionali in materia.
Articolo 74
Definizioni
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) abitante equivalente: il carico organico biodegradabile avente una
richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BODS) pari a 60 grammi di
ossigeno al giorno;
b) acque ciprinicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci
appartenenti ai oiprinidi (Cyprinidae) o a specie come i lucci, i pesci
persici e le anguille;
c) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto a
una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul
lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da
riferimento per definire il limite delle acque territoriali e che si
estendono eventualmente fino al limite esterno delle acque di
transizione;
d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono vivere pesci
appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e) estuario: l'area di transizione tra le acque dolci e le acque
costiere alla foce di un fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono
definiti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio; in via transitoria tali limiti sono fissati a cinquecento
metri dalla linea di costa;
f) acque dolci: le acque che si presentano in natura con una
concentrazione di sali tale da essere considerate appropriate per
l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
g) acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di
tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal
metabolismo umano e da attività domestiche;
h) acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti
da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o
di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue
domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali
anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche
inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;
i) acque reflue urbane: il miscuglio di acque reflue domestiche, di
acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento
convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da
agglomerato;
l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto della
superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto
con il suolo e il sottosuolo;
m) acque termali: le acque minerali naturali di cui all'articolo 2,
comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323, utilizzate per
le finalità consentite dalla stessa legge;
n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le attività
produttive, sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia
tecnicamente che economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali
conseguibili, la raccolta e il convogliamento in una fognatura dinamica
delle acque reflue urbane verso un sistema di trattamento o verso un
punto di recapito finale;
o) applicazione al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante
spandimento e/o mescolamento con gli strati superficiali, iniezione,
interramento;
p) utilizzazione agronomica: la gestione di effluenti di allevamento,
acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive, acque
reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende
agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno
ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo
delle sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;
q) autorità d'ambito: la forma di cooperazione tra Comuni e Province
per l'organizzazione del servizio idrico integrato;
r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che gestisce il
servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero il
gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena
operatività del servizio idrico integrato;
s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o profitto;
t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso quello
allo stato molecolare gassoso;
u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante prodotto mediante
procedimento industriale;
v) effluente di allevamento: le deiezioni del bestiame o una miscela di
lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto forma di prodotto
trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di
piscicoltura;
z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in
particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una
abnorme proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale,
producendo la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti
nell'acqua e della qualità delle acque interessate;
aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge 19 ottobre
1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati,
compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti
ittici e i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della
vegetazione;
bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane;
cc) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di
attività umana, di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel
terreno che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli
ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono
direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o
deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;
dd) rete fognaria: il sistema di canalizzazioni, generalmente
sotterranee, per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue
domestiche, industriali ed urbane fino al recapito finale;
ee) fognatura separata: la rete fognaria costituita da due
canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta ed al
convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o
meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di
prima pioggia, e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento
delle acque reflue urbane unitamente alle eventuali acque di prima
pioggia;
ff) scarico: qualsiasi immissione di acque reflue in acque superficiali,
sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente dalla
loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento di
depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti all'articolo 114;
gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da uno scarico;
hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla
data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime
autorizzativo previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di
acque reflue urbane per i quali alla stessa data erano già state
completate tutte le procedure relative alle gare di appalto e
all'affidamento dei lavori, nonchè gli scarichi di acque reflue
domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e
conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque
reflue industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e
già autorizzati;
ii) trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane
mediante un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo
scarico, garantisca la conformità dei corpi idrici recettori ai
relativi obiettivi di qualità ovvero sia conforme alle disposizioni
della parte terza del presente decreto;
ll ) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che
comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici
e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il
BODS delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i
solidi sospesi totali almeno del 50 per cento;
mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante
un processo che in genere comporta il trattamento biologico con
sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano
comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell'allegato 5
alla parte terza del presente decreto;
nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta al
controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività
commerciali o industriali che comportano la produzione, la
trasformazione e/o l'utilizzazione delle sostanze di cui all'allegato 8
alla parte terza del presente decreto, ovvero qualsiasi altro processo
produttivo che comporti la presenza di tali sostanze nello scarico;
oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di una sostanza
inquinante con tenuta in uno scarico, misurata in concentrazione, oppure
in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o in massa
per unità di tempo;
pp) zone vulnerabili: zone di territorio che scaricano direttamente o
indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in
acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali
tipi di scarichi.
2. Ai fini della presente sezione si intende inoltre per:
a) acque superficiali: le acque interne ad eccezione di quelle
sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per
quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse
anche le acque territoriali;
b) acque interne: tutte le acque superficiali correnti o stagnanti, e
tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che serve da
riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
c) fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in
superficie ma che può essere parzialmente sotterraneo;
d) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità
della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa
della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate
dai flussi di acqua dolce;
f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da
un'attività umana;
g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la
cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività
umana, è sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione
fattane dall'autorità competente in base alle disposizioni degli
articoli 118 e 120;
h) corpo idrico superficiale: un elemento distinto e significativo di
acque superficiali, quale un lago, un bacino artificiale, un torrente,
fiume o canale, parte di un torrente, fiume o canale, acque di
transizione o un tratto di acque costiere;
i) falda acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri
strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire
un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità
significative di acque sotterranee;
l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque sotterranee
contenute da una o più falde acquifere;
m) bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque
superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente
laghi per sfociare al mare in un'unica foce, a estuario o delta;
n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le
acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi e laghi per
sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un lago o
la confluenza di un fiume;
o) distretto idrografico: l'area di terra e di mare, costituita da uno o
più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e
costiere che costituisce la principale unità per la gestione dei bacini
idrografici;
p) stato delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato
di un corpo idrico superficiale, determinato dal valore più basso del
suo stato ecologico e chimico;
q) buono stato delle acque superficiali: lo stato raggiunto da un corpo
idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto il profilo
ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno
"buono";
r) stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato
di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del
suo stato quantitativo e chimico;
s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato raggiunto da un corpo
idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo
quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno
"buono";
t) stato ecologico: l'espressione della qualità della struttura e del
funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque
superficiali, classificato a norma dell'allegato 1 alla parte terza del
presente decreto;
u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale
classificato in base all'allegato 1 alla parte terza del presente
decreto;
v) buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o
fortemente modificato, così classificato in base alle disposizioni
pertinenti dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
z) buono stato chimico delle acque superficiali: lo stato chimico
richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali per le acque
superficiali o fissati dal presento, ossia lo stallo raggiunto da un
corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti
noti supera gli standard di qualità ambientali fissati dall'allegato 1
alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A ed ai sensi della
parte terza del presente decreto;
aa) buono stato chimico delle acque sotterranee: lo stato chimico di un
corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla
tabella B.3.2 dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
bb) stato quantitativo: l'espressione del grado in cui un corpo idrico
sotterraneo è modificato da estrazioni dirette e indirette;
cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della velocità
annua media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico
sotterraneo meno la velocità annua media a lungo termine del flusso
necessario per raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le
acque superficiali connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare
un impoverimento significativo dello stato ecologico di tali acque,
nonchè danni rilevanti agli ecosistemi terrestri connessi;
dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella B.1.2
dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
ee) sostanze pericolose: le sostanze o gruppi di sostanze tossiche,
persistenti e bio-accumulabili e altre sostanze o gruppi di sostanze che
danno adito a preoccupazioni analoghe;
ff) sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze
individuate con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della
direttiva 2000/60/Ce;
gg) inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare
quelle elencate nell'allegato 8 alla parte terza del presente decreto;
hh) immissione diretta nelle acque sotterranee: l'immissione di
inquinanti nelle acque sotterranee senza infiltrazione attraverso il
suolo o il sottosuolo;
ii) obiettivi ambientali: gli obiettivi fissati dal titolo II della
parte terza del presente decreto;
ll) standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare
inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota
che non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;
mm) approccio combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o
realizzare, salvo diversa indicazione delle normative di seguito citate,
entro il 22 dicembre 2012, riguardanti tutti gli scarichi nelle acque
superficiali, comprendenti i controlli sulle emissioni basati sulle
migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti valori limite di
emissione e, in caso di impatti diffusi, quelli comprendenti,
eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli
stabiliti:
1) nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e
la riduzione integrate dell'inquinamento;
2) nella parte terza del presente decreto in materia di acque reflue
urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che presentano
rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente
acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di
acqua potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin,
endrin, HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC,
tricloroetilene, TCB e percloroetilene;
nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate dal decreto
legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
oo) servizi idrici: tutti i servizi che forniscono alle famiglie, agli
Enti pubblici o a qualsiasi attività economica:
1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione di
acque superficiali o sotterranee;
2) strutture per la raccolta e il trattamento delle acque reflue, che
successivamente scaricano nelle acque superficiali;
pp) utilizzo delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi
risultanti dall'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 che
incidono in modo significativo sullo stato delle acque. Tale nozione si
applica ai fini dell'analisi economica di cui all'allegato 10 alla parte
terza del presente decreto;
qq) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a
determinati parametri specifici, la concentrazione e/o il livello di
un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi di
tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per
determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di
emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita
delle emissioni dall'impianto, senza tener conto dell'eventuale
diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua, l'effetto di una
stazione di depurazione di acque reflue può essere preso in
considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione
dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di
protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi
inquinanti maggiori nell'ambiente;
rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una
limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle
emissioni, oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in
merito agli effetti, alla natura o ad altre caratteristiche di
un'emissione o condizioni operative che influiscono sulle emissioni;
ss) costi ambientali: i costi legati ai danni che l'utilizzo stesso
delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi e a coloro che
usano l'ambiente;
tt) costi della risorsa: i costi delle mancate opportunità imposte ad
altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse
al di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;
uu) impianto: l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più
attività di cui all'allegato I del decreto legislativo 18 febbraio
2005, n. 59, e qualsiasi altra attività accessoria, che siano
tecnicamente connesse con le attività svolte in uno stabilimento e
possono influire sulle emissioni e sull'inquinamento; nel caso di
attività non rientranti nel campo di applicazione del decreto
legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'impianto si identifica nello
stabilimento. Nel caso di attività di cui all'allegato I del predetto
decreto, l'impianto si identifica con il complesso assoggettato alla
disciplina della prevenzione e controllo integrati dell'inquinamento.
Articolo 75
Competenze
1. Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente
sezione:
a) lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio, fatte salve le competenze in materia
igienico-sanitaria spettanti al Ministro della salute;
b) le Regioni e gli Enti locali esercitano le funzioni e i compiti ad
essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente
determinate e nel rispetto delle attribuzioni statali.
2. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle
Regioni e agli Enti locali, in caso di accertata inattività che
comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza
all'Unione europea, pericolo di grave pregiudizio alla salute o
all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di informazione, il
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio per materia, assegna
all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso
inutilmente il quale il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto
inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. Gli
oneri economici connessi all'attività di sostituzione sono a carico
dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti
dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in
materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonchè
quanto disposto dall'articolo 132.
3. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della parte
terza del presente decreto sono stabilite negli allegati al decreto
stesso e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio previa intesa con la
Conferenza Stato-Regioni; attraverso i medesimi regolamenti possono
altresì essere modificati gli allegati alla parte terza del presente
decreto per adeguarli a sopravvenute esigenze o a nuove acquisizioni
scientifiche o tecnologiche.
4. Con decreto dei Ministri competenti per materia si provvede
alla modifica degli allegati alla parte terza del presente decreto per
dare attuazione alle direttive che saranno emanate dall'Unione europea,
per le parti in cui queste modifichino modalità esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico delle direttive dell'Unione europea
recepite dalla parte terza del presente decreto, secondo quanto previsto
dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
5. Le Regioni assicurano la più ampia divulgazione delle
informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettono al
Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la
protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat) i dati
conoscitivi e le informazioni relative all'attuazione della parte terza
del presente decreto, nonchè quelli prescritti dalla disciplina
comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri
competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Il
Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la
protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat) elabora a
livello nazionale, nell'ambito del Sistema informativo nazionale
dell'ambiente (Sina), le informazioni ricevute e le trasmette ai
Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso
decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le Regioni sono
tenute a trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio i provvedimenti adottati ai fini delle comunicazioni
all'Unione europea o in ragione degli obblighi internazionali assunti.
6. Le Regioni favoriscono l'attiva partecipazione di tutte le
parti interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto
in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei
piani di tutela di cui all'articolo 121.
7. Le Regioni provvedono affinché gli obiettivi di qualità di
cui agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano
perseguiti nei corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici
internazionali in attuazione di accordi tra gli stati membri
interessati, avvalendosi a tal fine di strutture esistenti risultanti da
accordi internazionali.
8. Qualora il distretto idrografico superi i confini della
Comunità europea, lo Stato e le Regioni esercitano le proprie
competenze adoperandosi per instaurare un coordinamento adeguato con gli
Stati terzi coinvolti, al fine realizzare gli obiettivi di cui alla
parte terza del presente decreto in tutto il distretto idrografico.
9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso
appositi accordi di programma con le competenti autorità, concorrono
alla realizzazione di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento
delle acque anche al fine della loro utilizzazione irrigua, della
rinaturalizzazione dei corsi d'acqua e della fitodepurazione.
Titolo II
Obiettivi di qualità
Capo I
Obiettivo di qualità ambientale e obiettivo di qualità per specifica
destinazione
Articolo 76
Disposizioni generali
1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e
sotterranee, la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi
minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli
obiettivi di qualità per specifica destinazione per i corpi idrici di
cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualità ambientale è definito in funzione
della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi naturali di
autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali ampie e ben
diversificate.
3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione individua
lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione da
parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
4. In attuazione della parte terza del presente decreto sono
adottate, mediante il Piano di tutela delle acque di cui all'articolo
121, misure atte a conseguire gli obiettivi seguenti entro il 22
dicembre 2015:
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi
superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale
corrispondente allo stato di "buono";
b) sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale
"elevato" come definito nell'allegato 1 alla parte terza del
presente decreto;
c) siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica
destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per
specifica destinazione di cui all'allegato 2 alla parte terza del
presente decreto, salvi i termini di adempimento previsti dalla
normativa previgente.
5. Qualora per un corpo idrico siano designati obiettivi di
qualità ambientale e per specifica destinazione che prevedono per gli
stessi parametri valori limite diversi, devono essere rispettati quelli
più cautelativi quando essi si riferiscono al conseguimento
dell'obiettivo di qualità ambientale; l'obbligo di rispetto di tali
valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.
6. Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi
di qualità ambientale con i diversi obiettivi di qualità per specifica
destinazione.
7. Le Regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale
più elevati, nonchè individuare ulteriori destinazioni dei corpi
idrici e relativi obiettivi di qualità.
Articolo 77
Individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei
risultati del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e
120, le Regioni che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun
corpo idrico significativo, o parte di esso, la classe di qualità
corrispondente ad una di quelle indicate nell'allegato 1 alla parte
terza del presente decreto.
2. In relazione alla classificazione di cui al comma 1, le
Regioni stabiliscono e adottano le misure necessarie al raggiungimento o
al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui
all'articolo 76, comma 4, lettere a) e b), tenendo conto del carico
massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle indicazioni delle
Autorità di bacino, e assicura n d o in ogni caso per tutti i corpi
idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il
raggiungimento dell'obiettivo di qualità ambientale corrispondente allo
stato di "buono", entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico
superficiale classificato o tratto di esso deve conseguire almeno i
requisiti dello stato di "sufficiente" di cui all'allegato 1
alla parte terza del presente decreto.
4. Le acque ricadenti nelle aree protette devono essere conformi
agli obiettivi e agli standard di qualità fissati nell'allegato 1 alla
parte terza del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi
stabilite, salvo diversa disposizione della normativa di settore a norma
della quale le singole aree sono state istituite.
5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente
modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei
piani di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le Regioni possono
definire un corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:
a) le modifiche delle caratteristiche idromorfologiche di tale corpo,
necessarie al raggiungimento di un buono stato ecologico, abbiano
conseguenze negative rilevanti:
1) sull'ambiente in senso ampio;
2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o sul
diporto;
3) sulle attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la
fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;
4) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il
drenaggio agricolo;
5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente
importanti;
b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali o
modificate del corpo idrico non possono, per motivi di fattibilità
tecnica o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri
mezzi che rappresentino un'opzione significativamente migliore sul piano
ambientale.
6. Le Regioni possono motivatamente stabilire termini diversi per
i corpi idrici che presentano condizioni tali da non consentire il
raggiungimento dello stato di "buono" entro il 22 dicembre
2015, nel rispetto di quanto stabilito al comma 9 e purchè sussista
almeno uno dei seguenti motivi:
a) la portata dei miglioramenti necessari può essere attuata, per
motivi di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo
stabilito;
b) il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe
sproporzionatamente costoso;
c) le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato del
corpo idrico nei tempi richiesti.
7. Le Regioni possono motivatamente stabilire obiettivi di qualità
ambientale meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno
una delle condizioni seguenti:
a) il corpo idrico ha subito, in conseguenza dell'attività umana, gravi
ripercussioni che rendono manifestamente impossibile o economicamente
insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;
b) il raggiungimento dell'obiettivo di qualità previsto non è
perseguibile a causa della natura litologica ovvero geomorfologica del
bacino di appartenenza.
8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la
definizione di obiettivi meno rigorosi è consentita purché essi non
comportino l'ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico e,
fatto salvo il caso di cui alla lettera b) del medesimo comma 7, purché
non sia pregiudicato il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla
parte terza del presente decreto in altri corpi idrici compresi nello
stesso bacino idrografico.
9. Nei casi previsti dai commi 6 e 7, i Piani di tutela devono
comprendere le misure volte alla tutela del corpo idrico, ivi compresi i
provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina degli scarichi
ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonchè le
relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale
modifica deve essere inserita come aggiornamento del piano.
10. Il deterioramento temporaneo dello stato del corpo idrico
dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore eccezionali e
ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità
prolungate, o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non
dà luogo a una violazione delle prescrizioni della parte terza del
presente decreto, purchè ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) che siano adottate tutte le misure volte ad impedire l'ulteriore
deterioramento dello stato di qualità dei corpi idrici e la
compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 76
ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati alla
circostanza;
b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni in cui
detti eventi possono essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili o
eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;
c) che siano previste ed adottate misure idonee a non compromettere il
ripristino della qualità del corpo idrico una volta conclusisi gli
eventi in questione;
d) che gli effetti degli eventi eccezionali o imprevedibili siano
sottoposti a un riesame annuale e, con riserva dei motivi di cui
all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga fatto tutto il possibile per
ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia ragionevolmente
fattibile, lo stato precedente tali eventi;
e) che una sintesi degli effetti degli eventi e delle misure adottate o
da adottare sia inserita nel successivo aggiornamento del Piano di
tutela.
Articolo 78
Standard di qualità per l'ambiente acquatico
1. Ai fini della tutela delle acque superficiali dall'inquinamento
provocato dalle sostanze pericolose, i corpi idrici significativi di cui
all'articolo 76 devono essere conformi entro il 31 dicembre 2008 agli
standard di qualità riportati alla Tabella 1/A dell'allegato 1 alla
parte terza del presente decreto, la cui disciplina sostituisce ad ogni
effetto quella di cui al decreto ministeriale 6 novembre 2003, n. 367.
2. I Piani di tutela delle acque di cui all'articolo 121
contengono gli strumenti per il conseguimento degli standard di cui al
comma 1, anche ai fini della gestione dei fanghi derivanti dagli
impianti di depurazione e dalla disciplina degli scarichi.
3. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio viene data attuazione al disposto dell'articolo 16 della
direttiva 2000/60/Ce entro il 31 dicembre 2015. Entro gli stessi termini
le acque a specifica destinazione di cui all'articolo 79 devono essere
conformi agli standard dettati dal medesimo decreto.
Articolo 79
Obiettivo di qualità per specifica destinazione
1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione e miglioramento per essere
idonee alla vita dei pesci;
d) le acque destinate alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76, commi 4 e 5,
per le acque indicate al comma 1, è perseguito, per ciascun uso,
l'obiettivo di qualità per specifica destinazione stabilito
nell'allegato 2 alla parte terza del presente decreto, fatta eccezione
per le acque di balneazione.
3. Le Regioni, al fine di un costante miglioramento dell'ambiente
idrico, stabiliscono programmi, che vengono recepiti nel Piano di
tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle acque di cui al comma
1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione. Le Regioni
predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque di
cui al comma 1.
Capo II
Acque a specifica destinazionee
Articolo 80
Acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile
1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate
alla produzione di acqua potabile, sono classificate dalle Regioni nelle
categorie Al, A2 e A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e
microbiologiche di cui alla Tabella 1/A dell'allegato 2 alla parte terza
del presente decreto.
2. A seconda della categoria di appartenenza, le acque dolci
superficiali di cui al comma 1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:
a) Categoria Al: trattamento fisico semplice e disinfezione;
b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e
disinfezione.
3. Le Regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla
classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della
salute, che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
4. Le acque dolci superficiali che presentano caratteristiche
fisiche, chimiche e microbiologiche qualitativamente inferiori ai valori
limite imperativi della categoria A3 possono essere utilizzate, in via
eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere ad altre fonti di
approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte ad
opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità
delle acque destinate al consumo umano.
Articolo 81
Deroghe
1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile, le Regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui
alla Tabella 1/A dell'allegato 2 alla parte terza del presente decreto:
a) in caso di inondazioni o di catastrofi naturali;
b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'allegato 2 alla parte
terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora
ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni
geografiche particolari;
c) quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune
sostanze con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e
A3;
d) nel caso di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20
metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel
cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai
parametri contraddistinti nell'allegato 2 alla parte terza del presente
decreto, Tabella 1/A da un asterisco (*).
2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi
concreto pericolo per la salute pubblica.
Articolo 82
Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile
1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali
destinate alla produzione di acqua potabile, le Regioni, all'interno del
distretto idrografico di appartenenza, individuano:
a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei che forniscono in
media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e
b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.
2. L'autorità competente provvede al monitoraggio, a norma
dell'allegato 1 alla parte terza dei presente decreto, dei corpi idrici
che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.
3. Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito
l'obiettivo ambientale di cui agli articoli 76 e seguenti.
Articolo 83
Acque di balneazione
1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.
2. Per le acque che risultano ancora non idonee alla balneazione
ai sensi del decreto di cui al comma 1, le Regioni comunicano al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, entro l'inizio
della stagione balneare successiva alla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto e, successivamente, con periodicità
annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte le informazioni
relative alle cause della non balneabilità ed alle misure che intendono
adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di cui all'articolo
75, comma 6.
Articolo 84
Acque dolci idonee alla vita dei pesci
1. Le Regioni effettuano la designazione delle acque dolci che
richiedono protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei
pesci. Ai fini di tale designazione sono privilegiati:
a) i corsi d'acqua che attraversano il territorio di parchi nazionali e
riserve naturali dello Stato nonchè di parchi e riserve naturali
regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni ed altri corpi idrici,
situati nei predetti ambiti territoriali;
c) le acque dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate
"di importanza internazionale" ai sensi della convenzione di
Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente
della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone
umide, nonchè quelle comprese nelle "oasi di protezione della
fauna", istituite dalle Regioni e Province autonome ai sensi della
legge 11 febbraio 1992, n. 157;
d) le acque dolci superficiali che, ancorché non comprese nelle
precedenti categorie, presentino un rilevante interesse scientifico,
naturalistico, ambientale e produttivo in quanto costituenti habitat di
specie animali o vegetali rare o in via di estinzione, oppure in quanto
sede di complessi ecosistemi acquatici meritevoli di conservazione o,
altresì, sede di antiche e tradizionali forme di produzione ittica che
presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica ed economica.
2. Le Regioni, entro quindici mesi dalla designazione,
classificano le acque dolci superficiali che presentino valori dei
parametri di qualità conformi con quelli imperativi previsti dalla
Tabella 1/B dell'allegato 2 alla parte terza del presente decreto come
acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2
devono essere gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico,
ferma restando la possibilità di designare e classificare, nell'ambito
del medesimo, alcuni tratti come "acqua salmonicola" e alcuni
tratti come "acqua ciprinicola". La designazione e la
classificazione sono sottoposte a revisione in relazione ad elementi
imprevisti o sopravvenuti.
4. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di
tutela della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il
Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Giunta
provinciale, nell'ambito delle rispettive competenze, adottano
provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi degli
scarichi ovvero degli usi delle acque.
5. Sono escluse dall'applicazione del presente articolo e degli
articoli 85 e 86 le acque dolci superficiali dei bacini naturali o
artificiali utilizzati per l'allevamento intensivo delle specie ittiche
nonché i canali artificiali adibiti a uso plurimo, di scolo o irriguo,
e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei liquami e di
acque reflue industriali.
Articolo 85
Accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci
1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si
considerano idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti
riportati nella Tabella 1/B dell'allegato 2 alla parte terza del
presente decreto.
2. Se dai campionamenti risulta che non sono rispettati uno o più
valori dei parametri riportali nella Tabella 1/B dell'allegato 2 alla
parte terza del presente decreto, le autorità competenti al controllo
accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa
fortuita, ad apporti inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono
all'autorità competente le misure appropriate.
3. Ai fini di una più completa valutazione delle qualità delle
acque, le Regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di
analisi biologica delle acque designate e classificate.
Articolo 86
Deroghe
1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per
essere idonee alla vita dei pesci, le Regioni possono derogare al
rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'allegato 2 alla
parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di
circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche
e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in
caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti
dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.
Articolo 87
Acque destinate alla vita dei molluschi
1. Le Regioni, d'intesa con il Ministero delle politiche agricole e
forestali, designano, nell'ambito delle acque marine costiere e
salmastre che sono sede di banchi e di popolazioni naturali di molluschi
bivalvi e gasteropodi, quelle richiedenti protezione e miglioramento per
consentire la vita e lo sviluppo degli stessi e per contribuire alla
buona qualità dei prodotti della molluschicoltura direttamente
commestibili per l'uomo.
2. Le Regioni possono procedere a designazioni complementari,
oppure alla revisione delle designazioni già effettuate, in funzione
dell'esistenza di elementi imprevisti al momento della designazione.
3. Qualora sia richiesto da eccezionali ed urgenti necessità di
tutela della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il
Presidente della Giunta regionale, il Presidente della Giunta
provinciale e il Sindaco, nell'ambito delle rispettive competenze,
adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi o restrittivi
degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
Articolo 88
Accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei
molluschi
1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai
requisiti di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'allegato 2 alla parte
terza del presente decreto. In caso contrario, le Regioni stabiliscono
programmi per ridurne l'inquinamento.
2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori dei
parametri di cui alla Tabella 1/C dell'allegato 2 alla parte terza del
presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al
controllo accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a
causa fortuita o ad altri fattori di inquinamento e le Regioni adottano
misure appropriate.
Articolo 89
Deroghe
1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le Regioni
possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'allegato 2
alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni
meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.
Articolo 90
Norme sanitarie
1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano
impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla
classificazione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi
bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 530.
Titolo III
Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi
Capo I
Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di
risanamento
Articolo 91
Aree sensibili
1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri
dell'allegato 6 alla parte terza del presente decreto. Sono comunque
aree sensibili:
a) i laghi di cui all'allegato 6 alla parte terza del presente decreto,
nonchè i corsi d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri
dalla linea di costa;
b) le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli
di Comacchio, i laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della convenzione di Ramsar del 2
febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente della
Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
d) le aree costiere dell'Adriatico Nord-Occidentale dalla foce
dell'Adige al confine meridionale del Comune di Pesaro e i corsi d'acqua
ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
e) il lago di Garda e il lago d'ldro;
f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda, Lambro-Olona meridionale e Ticino;
g) il fiume Arno a valle di Firenze e i relativi affluenti;
h) il golfo di Castellammare in Sicilia;
i) le acque costiere dell'Adriatico settentrionale.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
sentita la Conferenza Stato-Regioni, entro centottanta giorni dalla data
di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua
con proprio decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i
criteri di cui all'allegato 6 alla parte terza del presente decreto.
3. Resta fermo quanto disposto dalla legislazione vigente
relativamente alla tutela di Venezia.
4. Le Regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita
l'Autorità di bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore
della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni,
possono designare ulteriori aree sensibili ovvero individuare
all'interno delle aree indicate nel comma 2 i corpi idrici che non
costituiscono aree sensibili.
5. Le Regioni, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e sentita
l'Autorità di bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili
che contribuiscono all'inquinamento di tali aree.
6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla data di
entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la
Conferenza Stato-Regioni, alla riedificazione delle aree sensibili e dei
rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle
aree sensibili.
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4,
e 6 devono soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni
dall'identificazione.
8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle
aree sensibili di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni
di cui all'articolo 106.
Articolo 92
Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui
all'allegato 7/A-I alla parte terza del presente decreto.
2. Ai fini della prima individuazione sono designate zone
vulnerabili le aree elencate nell'allegato 7/A-III alla parte terza del
presente decreto.
3. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti alla
data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, dopo
quattro anni da tale data il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-Regioni, può
modificare i criteri di cui al comma 1.
4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili e
tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'allegato 7/A-I alla parte
terza del presente decreto, le Regioni, sentite le Autorità di bacino,
possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle
zone indicate nell'allegato 7/A-III alla parte terza del presente
decreto, le parti che non costituiscono zone vulnerabili.
5. Per tener conto di cambiamenti e/o di fattori imprevisti al
momento della precedente designazione, almeno ogni quattro anni le
Regioni, sentite le Autorità di bacino, possono rivedere o completare
le designazioni delle zone vulnerabili. A tal fine le Regioni
predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma di controllo
per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci per il
periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'allegato 7/A-I
alla parte terza del presente decreto, nonchè riesaminano lo stato
eutrofico causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque
di transizione e delle acque marine costiere.
6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono
essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonchè le
prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al
decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile
1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n.
102 del 4 maggio 1999.
7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e
4, ed entro un anno dalla data di designazione per le ulteriori zone di
cui al comma 5, le Regioni, sulla base delle indicazioni e delle misure
di cui all'allegato 7/A-IV alla parte terza del presente decreto,
definiscono, o rivedono se già posti in essere, i programmi d'azione
obbligatori per la tutela e il risanamento delle acque dall'inquinamento
causato da nitrati di origine agricola, e provvedono alla loro
attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai commi
2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.
8. Le Regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione alle esigenze locali, il codice
di buona pratica agricola, stabilendone le modalità di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione e di informazione
degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di buona pratica
agricola;
c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere dalla
definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari
strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi
sulla base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o
integrare tali programmi individuando, tra le ulteriori misure
possibili, quelle maggiormente efficaci, tenuto conto dei costi di
attuazione delle misure stesse.
9. Le variazioni apportate alle designazioni, i programmi di
azione, i risultati delle verifiche dell'efficacia degli stessi e le
revisioni effettuate sono comunicati al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio, secondo le modalità indicate nel decreto di cui
all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche agricole e
forestali è data tempestiva notizia delle integrazioni apportate al
codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonchè
degli interventi di formazione e informazione.
10. Al fine di garantire un generale livello di protezione delle
acque è raccomandata l'applicazione del codice di buona pratica
agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.
Articolo 93
Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla
desertificazione
1. Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle
indicazioni contenute nell'allegato 7/B alla parte terza del presente
decreto, le Regioni identificano le aree vulnerabili da prodotti
fitosanitari secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 21, del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, allo scopo di proteggere le
risorse idriche o altri comparti ambientali dall'inquinamento derivante
dall'uso di prodotti fitosanitari.
2. Le Regioni e le Autorità di bacino verificano la presenza nel
territorio di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di
siccità, degrado del suolo e processi di desertificazione e le
designano quali aree vulnerabili alla desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito della
pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate
specifiche misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano
d'azione nazionale di cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998,
pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 39 del 17 febbraio 1999.
Articolo 94
Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano
1. Su proposta delle Autorità d'àmbito, le Regioni, per mantenere
e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e
sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante
impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse,
nonchè per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di
salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto,
nonchè, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della
falda, le zone di protezione.
2. Per gli approvvigionamenti diversi da quelli di cui al comma
1, le Autorità competenti impartiscono, caso per caso, le prescrizioni
necessarie per la conservazione e la tutela della risorsa e per il
controllo delle caratteristiche qualitative delle acque destinate al
consumo umano.
3. La zona di tutela assoluta è costituita dall'area
immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in caso di
acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve
avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di
captazione, deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita
esclusivamente a opere di captazione o presa e ad infrastrutture di
servizio.
4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio
circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e
destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente
la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto
ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia
dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di
vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di
rispetto sono vietati l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e
lo svolgimento delle seguenti attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti o pesticidi, salvo che
l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base delle indicazioni
di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della natura dei
suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate e
della vulnerabilità delle risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente da
piazzali e strade.
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque
destinate al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione
dell'estrazione ed alla protezione delle caratteristiche
quali-quantitative della risorsa idrica;
h) gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero, sostanze chimiche pericolose e
sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi per
ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di
stoccaggio e distribuzione. É comunque vietata la stabulazione di
bestiame nella zona di rispetto ristretta.
5. Per gli insediamenti o le attività di cui al comma 4,
preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree
cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni
caso deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto le Regioni e le Province autonome disciplinano, all'interno
delle zone di rispetto, le seguenti strutture o attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie, ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche e contenuti dei piani di utilizzazione di cui
alla lettera c) del comma 4.
6. In assenza dell'individuazione da parte delle Regioni o delle
Province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la
medesima ha un'estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di
captazione o di derivazione.
7. Le zone di protezione devono essere delimitate secondo le
indicazioni delle Regioni o delle Province autonome per assicurare la
protezione del patrimonio idrico. In esse si possono adottare misure
relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e
prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici,
agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici
comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
8. Ai fini della protezione delle acque sotterranee, anche di
quelle non ancora utilizzate per l'uso umano, le Regioni e le Province
autonome individuano e disciplinano, all'interno delle zone di
protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva.
Capo II
Tutela quantitativa della risorsa e risparmio idrico
Articolo 95
Pianificazione del bilancio idrico
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento
degli obiettivi di qualità attraverso una pianificazione delle
utilizzazioni delle acque volta ad evitare ripercussioni sulla qualità
delle stesse e a consentire un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure volte ad
assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità
di bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa
vigente e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo
deflusso vitale, della capacità di ravvenamento della falda e delle
destinazioni d'uso della risorsa compatibili con le relative
caratteristiche qualitative e quantitative.
3. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto, le Regioni definiscono, sulla base
delle linee guida adottate dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano, nonché sulla base dei criteri già
adottati dalle Autorità di bacino, gli obblighi di installazione e
manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei dispositivi
per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivati,
in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di
restituzione, nonché gli obblighi e le modalità di trasmissione dei
risultati delle misurazioni dell'Autorità concedente per il loro
successivo inoltro alla Regione ed alle Autorità di bacino competenti.
Le Autorità di bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio
possesso al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat)
secondo le modalità di cui all'articolo 75, comma 6.
4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di
acqua comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza
del presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la
previsione di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei
corpi idrici, come definito secondo i criteri adottati dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio con apposito decreto, previa
intesa con la Conferenza Stato-Regioni, senza che ciò possa dar luogo
alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica
amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale
di concessione.
5. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Autorità
concedenti effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto
nel medesimo corpo idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa
intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano; le medesime
Autorità provvedono successivamente, ove necessario, alla revisione di
tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali o
quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di
indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la
relativa riduzione del canone demaniale di concessione.
6. Nel provvedimento di concessione preferenziale, rilasciato ai
sensi dell'articolo 4 del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, sono
contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il
minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonché le prescrizioni
necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
Articolo 96
Modifiche al Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775
1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle
disposizioni sulle acque impianti elettrici, approvato con Regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
"Le domande di cui al primo comma relative sia alle grandi sia alle
piccole derivazioni sono altresì trasmesse alle Autorità di bacino
territorialmente competenti che, entro il termine perentorio di quaranta
giorni dalla data di ricezione ove si tratti di domande relative a
piccole derivazioni, comunicano il proprio parere vincolante ai
competente Ufficio Istruttore in ordine alla compatibilità della
utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela, ai fini del
controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche in
attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano
relative a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del
suddetto parere è elevato a novanta giorni dalla data di ricezione
delle domande medesime. Decorsi i predetti termini senza che sia
intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio nomina un Commissario "ad acta" che provvede
entro i medesimi termini decorrenti dalla data della nomina.".
2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del Regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti:
"1. Tra più domande concorrenti, completata l'istruttoria di cui
agli articoli 7 e 8, è preferita quella che da sola, o in connessione
con altre utenze concesse o richieste, presenta la più razionale
utilizzazione delle risorse idriche in relazione ai seguenti criteri:
a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze essenziali dei
concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto o di
irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate
all'uso potabile;
b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle fonti in
relazione all'uso;
c) le caratteristiche quantitative e qualitative del corpo idrico
oggetto di prelievo;
d) la quantità e la qualità dell'acqua restituita rispetto a quella
prelevata.
1-bis. E' preferita la domanda che, per lo stesso tipo di uso,
garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto agli obiettivi di
qualità dei corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi
produttivi è altresì preferita quella del richiedente che aderisce al
sistema Iso 14001, ovvero al sistema di cui al regolamento (Cee) n.
761/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001,
sull'adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario
di ecogestione e audit (Emas).
1-ter. Per lo stesso tipo di uso è preferita la domanda che garantisce
che i minori prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici
derivati da attività di recupero e di riciclo.".
3. L'articolo 12-bis del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
è sostituito dal seguente:
"Articolo 12-bis.
1. Il provvedimento di concessione è rilasciato se:
a) non pregiudica il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di
qualità definiti per il corso d'acqua interessato;
b) è garantito il minimo deflusso vitale e l'equilibrio del bilancio
idrico;
c) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o
provenienti dalla raccolta di acque piovane ovvero, pur sussistendo tali
possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo
economico.
2. I volumi di acqua concessi sono altresì commisurati alle
possibilità di risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il
disciplinare di concessione deve fissare, ove tecnicamente possibile, la
quantità e le caratteristiche qualitative dell'acqua restituita.
Analogamente, nei casi di prelievo da falda deve essere garantito
l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di ricarica dell'acquifero,
anche al fine di evitare pericoli di intrusione di acque salate o
inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo del miglior
regime delle acque.
3. L'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti o falde, o
comunque riservate al consumo umano, può essere assentito per usi
diversi da quello potabile se:
a) viene garantita la condizione di equilibrio del bilancio idrico per
ogni singolo fabbisogno;
b) non sussistono possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate o
provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano
tali possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il
profilo economico;
c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette e vi è una
accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative di
approvvigionamento.
4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per uso
diverso da quello potabile è triplicalo. Sono escluse le concessioni ad
uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di
acquedotto.".
4. L'articolo 17 del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, è
sostituito dal seguente:
"Articolo 17.
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2, è vietato
derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento
autorizzativo o concessorio dell'autorità competente.
2. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio
di fondi agricoli o di singoli edifici è libera e non richiede licenza
o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione dei relativi
manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni
nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi
speciali.
3. Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1,
Amministrazione competente dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed
il contravventore, fatti salvi ogni altro adempimento o comminatoria
previsti dalle leggi vigenti, è tenuto al pagamento di una sanzione
amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro. Nei casi di
particolare tenuità si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da
300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista dal presente articolo non
si applica il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 della
legge 24 novembre 1981, n. 689. E' in ogni caso dovuta una somma pari ai
canoni non corrisposti. L'autorità competente, con espresso
provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può
eccezionalmente consentire la continuazione provvisoria del prelievo in
presenza di particolari ragioni di interesse pubblico generale, purché
l'utilizzazione non risulti in palese contrasto con i diritti di terzi e
con il buon regime delle acque.".
5. Il secondo comma dell'articolo 54 del Regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 152, resta abrogato.
6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per le derivazioni o
utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente in atto
è ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria entro
il 30 giugno 2006 31 dicembre 2007
previo pagamento della sanzione di cui all'articolo 17 del Regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente a
tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o
in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del
Regio decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria è
rilasciata nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze
regolarmente assentite. In pendenza del procedimento istruttorio della
concessione in sanatoria, l'utilizzazione può proseguire fermo restando
l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere
dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento
l'utilizzazione qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il
raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità e
dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano comunque ferme le
disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.
7. I termini entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai
sensi degli articoli 3 e 4 del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775,
il diritto al riconoscimento o alla concessione di acque che hanno
assunto natura pubblica a norma dell'articolo 1, comma 1 della legge 5
gennaio 1994, n. 36, nonché per la presentazione delle denunce dei
pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12 luglio 1993,
n. 275, sono prorogati al 30 giugno 2006. In tali casi i canoni
demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione
preferenziale sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a
garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici e quelle
prescrizioni necessarie ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
8. Il primo comma dell'articolo 21 del Regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, è sostituito dal seguente:
"Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata
delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può
eccedere i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la
piscicoltura, ad eccezione di quelle di grande derivazione
idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui
all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16 marzo 1999,
n. 79".
9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del Regio decreto 11
dicembre 1933, n. 1775, è inserito il seguente:
"Le concessioni di derivazioni per uso irriguo devono tener conto
delle tipologie delle colture in funzione della disponibilità della
risorsa idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa,
prevedendo se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse
sono assentite o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare
la domanda d'acqua attraverso le strutture consortili già operanti sul
territorio.".
10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto
il territorio nazionale è assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo
94 del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
11. Le Regioni disciplinano i procedimenti di rilascio delle
concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle
direttive sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate
anche le possibilità di libero utilizzo di acque superficiali scolanti
su suoli o in fossi di canali di proprietà privata. Le Regioni, sentite
le Autorità di bacino, disciplinano forme di regolazione dei prelievi
delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti
dall'articolo 93 del Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, laddove
sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.
Articolo 97
Acque minerali naturali e di sorgenti
1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e
delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di
approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle
previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.
Articolo 98
Risparmio idrico
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le
misure necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei
consumi e ad incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante
l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili.
2. Le Regioni, sentite le Autorità di bacino, approvano
specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato sulla
pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni
nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
Articolo 99
Riutilizzo dell'acqua
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con
proprio decreto, sentiti i Ministri delle politiche agricole e
forestali, della salute e delle attività produttive, detta le norme
tecniche per il riutilizzo delle acque reflue.
2. Le Regioni, nel rispetto dei principi della legislazione
statale, e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti (70bis),
adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il
riutilizzo delle acque reflue depurate.
Capo III
Tutela qualitativa della risorsa: disciplina degli scarichi
Articolo 100
Reti fognarie
1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a
2.000 devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue
urbane.
2. La progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti
fognarie si effettuano adottando le migliori tecniche disponibili e che
comportino costi economicamente ammissibili, tenendo conto, in
particolare:
a) della portata media, del volume annuo e delle caratteristiche delle
acque reflue urbane;
b) della prevenzione di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino
la fuoriuscita delle acque reflue dalle sezioni fognarie;
c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori, causato da
tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.
3. Per insediamenti, installazioni o edifici isolati che
producono acque reflue domestiche, le Regioni individuano sistemi
individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati che raggiungano
lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di
adeguamento degli scarichi a detti sistemi,
Articolo 101
Criteri generali della disciplina degli scarichi
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto
degli obiettivi di qualità dei corpi idrici e devono comunque
rispettare i valori limite previsti nell'allegato 5 alla parte terza del
presente decreto. L'autorizzazione può in ogni caso stabilire
specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee prescrizioni per i
periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di guasti nonché
per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno alle
condizioni di regime.
2. Ai fini di cui al comma 1, le Regioni, nell'esercizio della
loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle
migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione,
diversi da quelli di cui all'allegato 5 alla parte terza del presente
decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità
massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per
gruppi o famiglie di sostanze affini. Le Regioni non possono stabilire
valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'allegato 5 alla
parte terza del presente decreto:
a) nella Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in
corpi idrici superficiali;
b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in
corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nella Tabella 3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle sostanze indicate nella Tabella 5 del
medesimo allegato.
3. Tutti gli scarichi, ad eccezione di quelli domestici e di
quelli ad essi assimilati ai sensi del comma 7, lettera e), devono
essere resi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità
competente per il controllo nel punto assunto a riferimento per il
campionamento, che, salvo quanto previsto dall'articolo 108, comma 4, va
effettuato immediatamente a monte della immissione nel recapito in tutti
gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee, interne e
marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. L'autorità competente per il controllo è autorizzata ad
effettuare tutte le ispezioni che ritenga necessarie per l'accertamento
delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Essa può
richiedere che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5
dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto subiscano un
trattamento particolare prima della loro confluenza nello scarico
generale.
5. I valori limite di emissione non possono in alcun caso essere
conseguiti mediante diluizione con acque prelevate esclusivamente allo
scopo. Non è comunque consentito diluire con acque di raffreddamento,
di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi parziali
di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli ai
limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità
competente, in sede di autorizzazione, può prescrivere che lo scarico
delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate per la
produzione di energia sia separato dallo scarico terminale di ciascuno
stabilimento.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale
presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione,
la disciplina dello scarico è fissata in base alla natura delle
alterazioni e agli obiettivi di qualità del corpo idrico ricettore. In
ogni caso le acque devono essere restituite con caratteristiche
qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni di
portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.
7. Salvo quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della
disciplina degli scarichi e delle autorizzazioni, sono assimilate alle
acque reflue domestiche le acque reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del
terreno e/o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento di bestiame che, per
quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano l'utilizzazione
agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita sulla base
dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo 112,
comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per
ognuna delle quantità indicate nella Tabella 6 dell'allegato 5 alla
parte terza del presente decreto;
c) provenienti da imprese dedite alle attività di cui alle lettere a) e
b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione
della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e
complementarietà funzionale nel ciclo produttivo aziendale e con
materia prima lavorata proveniente in misura prevalente dall'attività
di coltivazione dei terreni di cui si abbia a qualunque titolo la
disponibilità;
d) provenienti da impianti di acqua coltura e di piscicoltura che diano
luogo a scarico e che si caratterizzino per una densità di allevamento
pari o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui
venga utilizzata una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al
minuto secondo;
e) aventi caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e
indicate dalla normativa regionale;
f) provenienti da attività termali, fatte salve le discipline regionali
di settore.
8. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto, e successivamente ogni due anni, le Regioni
trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al
Servizio geologico d'Italia -Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia
per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat) e
all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (70bis)
le informazioni relative alla funzionalità dei depuratori, nonché allo
smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di cui
all'articolo 75, comma 5.
9. Al fine di assicurare la più ampia divulgazione delle
informazioni sullo stato dell'ambiente le Regioni pubblicano ogni due
anni, sui propri Bollettini ufficiali e siti internet istituzionali, una
relazione sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane nelle
aree di loro competenza, secondo le modalità indicate nel decreto di
cui all'articolo 75, comma 5.
10. Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare
accordi e contratti di programma con soggetti economici interessati, al
fine di favorire il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di
scarico e il recupero come materia prima dei fanghi di depurazione, con
la possibilità di ricorrere a strumenti economici, di stabilire
agevolazioni in materia di adempimenti amministrativi e di fissare, per
le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi in deroga alla
disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie e
delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.
Articolo 102
Scarichi di acque termali
1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici
con valori superiori a quelli limite di emissione, è ammessa la deroga
ai valori stessi a condizione che le acque siano restituite con
caratteristiche qualitative non superiori rispetto a quelle prelevate
ovvero che le stesse, nell'ambito massimo del 10 per cento, rispettino i
parametri batteriologici e non siano presenti le sostanze pericolose di
cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'allegato 5 alla parte terza del presente
decreto.
2. Gli scarichi termali sono ammessi, fatta salva la disciplina
delle autorizzazioni adottata dalle Regioni ai sensi dell'articolo 124,
comma 5:
a) in corpi idrici superficiali, purché la loro immissione nel corpo
ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche e non causi
danni alla salute ed all'ambiente;
b) sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo, previa verifica
delle situazioni geologiche;
c) in reti fognarie, purché vengano osservati i regolamenti emanati dal
gestore del servizio idrico integrato e vengano autorizzati dalle
Autorità di ambito;
d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.
Articolo 103
Scarichi sul suolo
1. È vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del
sottosuolo, fatta eccezione:
a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;
b) per gli scaricatori di piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane e industriali per i quali sia
accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva onerosità, a fronte
dei benefìci ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici
superficiali, purché gli stessi siano conformi ai criteri ed ai
valori-limite di emissione fissati a tal fine dalle Regioni ai sensi
dell'articolo 101, comma 2. Sino all'emanazione di nuove norme regionali
si applicano i valori limite di emissione della Tabella 4 dell'allegato
5 alla parte terza del presente decreto;
d) per gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce
naturali nonché dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali,
purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua e
inerti naturali e non comportino danneggiamento delle falde acquifere o
instabilità dei suoli;
e) per gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie
separate;
f) per le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle
operazioni di manutenzione delle reti idropotabili e dalla manutenzione
dei pozzi di acquedotto.
2. Al di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi
sul suolo esistenti devono essere convogliati in corpi idrici
superficiali, in reti fognarie ovvero destinati al riutilizzo in
conformità alle prescrizioni fissate con il decreto di cui all'articolo
99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza agli obblighi indicati,
l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti gli effetti revocata.
3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono essere
conformi ai limiti della Tabella 4 dell'allegato 5 alla parte terza del
presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo
delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'allegato 5 alla parte terza
del presente decreto.
Articolo 104
Scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee
1. È vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel
sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità
competente, dopo indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi
nella stessa falda delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle
acque di infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso
di determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli
impianti di scambio termico.
3. In deroga a quanto previsto dal comma 1, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con il Ministro
delle attività produttive per i giacimenti a mare ed anche con le
Regioni per i giacimenti a terra, può altresì autorizzare lo scarico
di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità
geologiche profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti,
oppure in unità dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o
abbiano contenuto idrocarburi, indicando le modalità dello scarico. Lo
scarico non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze
pericolose diverse, per qualità e quantità, da quelle derivanti dalla
separazione degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono
rilasciate con la prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a
garantire che le acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi
idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità
competente, dopo indagine preventiva anche finalizzata alla verifica
dell'assenza di sostanze estranee, può autorizzare gli scarichi nella
stessa falda delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione
degli inerti, purché i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente
da acqua ed inerti naturali ed il loro scarico non comporti
danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per
la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese
del soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche
quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per
la falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di
autorizzazione allo scarico.
5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di
idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in
mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio con proprio decreto, purché la
concentrazione di olii minerali sia inferiore a 40 mg/1. Lo scarico
diretto a mare è progressivamente sostituito dalla iniezione o
reiniezione in unità geologiche profonde, non appena disponibili pozzi
non più produttivi ed idonei all'iniezione o reiniezione, e deve
avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai commi 2 e 3.
6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in
sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di cui
al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le
modalità previste dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:
a) per la frazione di acqua eccedente, qualora la capacità del pozzo
iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di
tutta l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;
b) per il tempo necessario allo svolgimento della manutenzione,
ordinaria e straordinaria, volta a garantire la corretta funzionalità e
sicurezza del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione
o di reiniezione.
7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6
è autorizzato previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a
verificare l'assenza di pericoli per le acquee per gli ecosistemi
acquatici.
8. Al di fuori delle ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli
scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, esistenti e
debitamente autorizzati, devono essere convogliati in corpi idrici
superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al riutilizzo
o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza agli
obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico è revocata.
Articolo 105
Scarichi in acque superficiali
1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali
devono rispettare i valori-limite di emissione fissati ai sensi
dell'articolo 101, commi 1 e 2, in funzione del perseguimento degli
obiettivi di qualità.
2. Gli scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle
reti fognarie, provenienti da agglomerati con meno di 2.000 abitanti
equivalenti e recapitanti in acque dolci ed in acque di transizione, e
gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10.000 abitanti
equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere, sono sottoposti ad un
trattamento appropriato, in conformità con le indicazioni dell'allegato
5 alla parte terza del presente decreto.
3. Le acque reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello
scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente in
conformità con le indicazioni dell'allegato 5 alla parte terza del
presente decreto.
4. Gli scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì,
i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1
e 2,
5. Le Regioni dettano specifica disciplina per gli scarichi di
reti fognarie provenienti da agglomerati a forte fluttuazione stagionale
degli abitanti, tenuto conto di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo
restando il conseguimento degli obiettivi di qualità.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in zone
d'alta montagna, ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare,
dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un
trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un
trattamento meno spinto di quello previsto al comma 3, purché appositi
studi comprovino che i suddetti scarichi non avranno ripercussioni
negative sull'ambiente,
Articolo 106
Scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree
sensibili
1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le
acque reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti
equivalenti, che scaricano in acque recipienti individuate quali aree
sensibili, devono essere sottoposte ad un trattamento più spinto di
quello previsto dall'articolo 105, comma 3, secondo i requisiti
specifici indicati nell'allegato 5 alla parte terza del presente
decreto.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano nelle aree
sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di
riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane è pari almeno al settantacinque
per cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per
cento per l'azoto totale.
3. Le Regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno
dei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che,
contribuendo all'inquinamento di tali aree, sono da assoggettare al
trattamento di cui ai commi 1 e 2 in funzione del raggiungimento
dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici ricettori.
Articolo 107
Scarichi in reti fognarie
1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione
di cui alla tabella 3/A dell'allegato 5 alla parte terza del presente
decreto e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5
del medesimo allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue
industriali che recapitano in reti fognarie sono sottoposti alle norme
tecniche, alle prescrizioni regolamentari e ai valori-limite adottati
dall'Autorità d'ambito competente in base alle caratteristiche
dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela del corpo idrico
ricettore nonché il rispetto della disciplina degli scarichi di acque
reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
2. Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti
fognarie sono sempre ammessi purché osservino i regolamenti emanati dal
soggetto gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità
d'ambito competente.
3. Non è ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati,
in fognatura, ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti
dell'alimentazione, misti ad acque provenienti da usi civili, trattati
mediante l'installazione, preventivamente comunicata all'ente gestore
del servizio idrico integrato, di apparecchi dissipatori di rifiuti
alimentari che ne riducano la massa in particelle sottili, previa
verifica tecnica degli impianti e delle reti da parte del gestore del
servizio idrico integrato che è responsabile del corretto funzionamento
del sistema.
4. Le Regioni, sentite le Province, possono stabilire norme
integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e
produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità
degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle
prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
Articolo 108
Scarichi di sostanze pericolose
1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si
applicano agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che
comportano la produzione, la trasformazione o l'utilizzazione delle
sostanze di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'allegato 5 alla parte terza
del presente decreto, e nei cui scarichi sia accertata la presenza di
tali sostanze in quantità o concentrazioni superiori ai limiti di
rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento in essere alla
data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, o,
successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli
aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4
dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
2. Tenendo conto della tossicità, della persistenza e della
bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente in cui è
effettuato lo scarico, l'autorità competente in sede di rilascio
dell'autorizzazione può fissare, nei casi in cui risulti accertato che
i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2,
impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di qualità
previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche per la
compresenza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite di
emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo 101,
commi 1 e 2.
3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1
dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30
ottobre 2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli
scarichi delle imprese assoggettate alle disposizioni del decreto
legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. Dette prescrizioni, concernenti
valori limite di emissione, parametri e misure tecniche, si basano sulle
migliori tecniche disponibili, senza obbligo di utilizzare una tecnica o
una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche tecniche
dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle
condizioni locali dell'ambiente.
4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'allegato 5 alla
parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi
indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono altresì
la quantità massima della sostanza espressa in unità di peso per unità
di elemento caratteristico dell'attività inquinante e cioè per materia
prima o per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella
stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al
comma 1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3.
dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
5. Per le acque reflue industriali contenenti le sostanze della
Tabella 5 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto, il
punto di misurazione dello scarico è fissato secondo quanto previsto
dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo
18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti nel
campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo
stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento
medesimo. L'autorità competente può richiedere che gli scarichi
parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo allegato 5
siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come
rifiuti. Qualora l'impianto di trattamento di acque reflue industriali
che tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo
allegato 5, riceva acque reflue contenenti sostanze pericolose non
sensibili al tipo di trattamento adottato, in sede di autorizzazione
l'autorità competente ridurrà opportunamente i valori limite di
emissione indicati nella tabella 3 del medesimo allegato 5 per ciascuna
delle predette sostanze pericolose indicate in Tabella 5, tenendo conto
della diluizione operata dalla miscelazione delle diverse acque reflue.
6. L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione per le
sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'allegato 5 alla parte terza del
presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella
medesima, redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli
scarichi esistenti e dei controlli effettuati, ai fini del successivo
inoltro alla Commissione europea.
Capo IV
Ulteriori misure per la tutela dei corpi idrici
Articolo 109
Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e
attività di posa in mare di cavi e condotte
1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle
disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è
consentita l'immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e
da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui,
quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei
materiali seguenti:
a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni
litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di
utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e l'innocuità
ambientale;
c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra,
prodotto durante l'attività di pesca effettuata in mare o laguna o
stagni salmastri.
2. L'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di cui
al comma 1, lettera a), è rilasciata dall'autorità competente solo
quando è dimostrata, nell'ambito della relativa istruttoria,
l'impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di
ripascimento o di recupero oppure del loro smaltimento alternativo in
conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri
delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole e
forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni
dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
3. L'immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera
b), è soggetta ad autorizzazione, con esclusione dei nuovi manufatti
soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di
ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere
preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all'autorità competente.
4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera
), non è soggetta ad autorizzazione.
5. La movimentazione dei fondali marini derivante dall'attività
di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione
regionale rilasciata, in conformità alle modalità tecniche stabilite
con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di
concerto con i Ministri delle attività produttive, delle infrastrutture
e dei trasporti e delle politiche agricole e forestali, per quanto di
competenza, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto. Nel caso di condotte o
cavi facenti parte di reti energetiche di interesse nazionale, o di
connessione con reti energetiche di altri stati, l'autorizzazione è
rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio,
sentite le Regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di
autorizzazione delle stesse reti.
Articolo 110
Trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue
urbane
1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli
impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di
rifiuti.
2. In deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con
l'Autorità d'ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti
della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del
servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di
acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie
compatibili con il processo di depurazione.
3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione
all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque
autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità
depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo
101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti
dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito
territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:
a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite
stabiliti per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione
ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti
ai sensi dell'articolo 100, comma 3;
c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria
nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque
reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non
risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente,
4. L'attività di cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purché
non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei
fanghi.
5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del
servizio idrico integrato deve indicare la capacità residua
dell'impianto e le caratteristiche e quantità dei rifiuti che intende
trattare. L'autorità competente può indicare quantità diverse o
vietare il trattamento di specifiche categorie di rifiuti. L'autorità
competente provvede altresì all'iscrizione in appositi elenchi dei
gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato la comunicazione
di cui al comma 3.
6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui ai commi 2 e 3 si applica
l'apposita tariffa determinata dall'Autorità d'ambito.
7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al
rispetto della normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il
produttore dei rifiuti di cui al comma 3, lettera b), che è tenuto al
rispetto dei soli obblighi previsti per i produttori dalla vigente
normativa in materia di rifiuti. Il gestore del servizio idrico
integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta rifiuti è soggetto
all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico secondo quanto
previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.
Articolo 111
Impianti di acquacoltura e piscicoltura
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e
forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività
produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono
individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto
sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di
piscicoltura.
Articolo 112
Utilizzazione agronomica
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone
vulnerabili e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli
impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell'allegato 1 al
predetto decreto, l'utilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base
di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574, nonché dalle
acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7,
lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come
individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e
forestali di cui al comma 2, è soggetta a comunicazione all'autorità
competente ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.
2. Le Regioni disciplinano le attività di utilizzazione
agronomica di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme
tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche
agricole e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della
tutela del territorio, delle attività produttive, della salute e delle
infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento
e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore
del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei
corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il
raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla
parte terza del presente decreto.
3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono
disciplinali in particolare:
a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11
novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di effettuazione della comunicazione,
prevedendo procedure semplificate nonché specifici casi di esonero
dall'obbligo di comunicazione per le attività di minor impatto
ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni di utilizzo
agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese quelle inerenti
l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente, il
divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato
dell'attività di cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o
mancato rispetto delle norme tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie fermo restando quanto disposto
dall'articolo 137, comma 15.
Articolo 113
Acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia
1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le
Regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio, disciplinano e attuano:
a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di
dilavamento provenienti da reti fognarie separate;
b) i casi in cui può essere richiesto che le immissioni delle acque
meteoriche di dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate,
siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale
autorizzazione.
2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non
sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del
presente decreto.
3. Le Regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere
richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne
siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione
per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività
svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili
scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per
il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.
4. È comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque
meteoriche nelle acque sotterranee.
Articolo 114
Dighe
1. Le Regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio, adottano apposita disciplina in materia di
restituzione delle acque utilizzate per la produzione idroelettrica, per
scopi irrigui e in impianti di potabilizzazione, nonché delle acque
derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla
ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine di garantire il
mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al
titolo II della parte terza del presente decreto.
2. Al fine di assicurare il mantenimento della capacità di
invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del
corpo ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento
delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di
ciascun invaso. Il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il
quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di
manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e
tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività
di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle
dell'invaso durante le operazioni stesse.
3. Il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità
di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la
tutela del corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni
fissate dal decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959,
n. 1363, volte a garantire la sicurezza di persone e cose.
4. Il progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base
dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con
il Ministro delle attività produttive e con quello delle politiche
agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto.
5. Il progetto di gestione è approvato dalle Regioni, con
eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla sua presentazione, previo
parere dell'amministrazione competente alla vigilanza sulla sicurezza
dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89 e 91 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario,
gli Enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le
dighe di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112, il progetto approvato è trasmesso al Registro italiano
dighe (Rid) per l'inserimento, anche in forma sintetica, come parte
integrante del foglio condizioni per l'esercizio e la manutenzione di
cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 1°
novembre 1959, n. 1363, e relative disposizioni di attuazione. Il
progetto di gestione si intende approvato e diviene operativo trascorsi
sei mesi dalla data di presentazione senza che sia intervenuta alcuna
pronuncia da parte della Regione competente, fermo restando il potere di
tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso tale
termine.
6. Con l'approvazione del progetto il gestore è autorizzato ad
eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità
ai limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella definizione dei canoni di concessione di inerti le
amministrazioni determinano specifiche modalità ed importi per favorire
lo sghiaiamento e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.
8. I gestori degli invasi esistenti, che ancora non abbiano
ottemperato agli obblighi previsti dal decreto del Ministro
dell'Ambiente e della tutela del territorio 30 giugno 2004, pubblicato
nella Gazzetta ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a
presentare il progetto di cui al comma 2 entro sci mesi dall'emanazione
del decreto di cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività
del progetto di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di
entrata in vigore del predetto decreto, le operazioni periodiche di
manovre prescritte ai sensi dell'articolo 17 del decreto del Presidente
della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a controllare la
funzionalità degli organi di scarico, sono svolte in conformità ai
fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli
invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né
il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di
qualità per specifica destinazione.
Articolo 115
Tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici
1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della
vegetazione spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi
idrici, con funzioni di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di
origine diffusa, di stabilizzazione delle sponde e di conservazione
della biodiversità da contemperarsi con le esigenze di funzionalità
dell'alveo, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto le Regioni disciplinano gli interventi di
trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo previsti nella
fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni e lagune,
comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta da
ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di
impianti di smaltimento dei rifiuti.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono comunque soggetti
all'autorizzazione prevista dal Regio decreto 25 luglio 1904, n. 523,
salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica
incolumità.
3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le aree
demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono
essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali,
a parchi fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e
recupero ambientale. Qualora le aree demaniali siano già comprese in
aree naturali protette statali o regionali inserite nell'elenco
ufficiale previsto dalla vigente normativa, la concessione è gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione ai sensi
della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di
sdemanializzazione.
Articolo 116
Programmi di misure
1. Le Regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i
Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure
costituiti dalle misure di base di cui all'allegato 11 alla parte terza
del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di
cui al medesimo allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per
l'approvazione all'Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino
sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti,
l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle Regioni le
modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le
necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse
disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque
tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e
di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed
attuati dalle Regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire
entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni.
Titolo IV
Strumenti di tutela
Capo I
Piani di gestione e piani di tutela delle acque
Articolo 117
Piani di gestione e registro delle aree protette
1. Per ciascun distretto idrografico è adottato un Piano di
gestione, che rappresenta articolazione interna del Piano di bacino
distrettuale di cui all'articolo 65. Il Piano di gestione costituisce
pertanto piano stralcio del Piano di bacino e viene adottato e approvato
secondo le procedure stabilite per quest'ultimo dall'articolo 66. Le
Autorità di bacino, ai fini della predisposizione dei Piani di
gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti
istituzionali competenti nello specifico settore.
2. Il Piano di gestione è composto dagli elementi indicati nella
parte A dell'allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
3. L'Autorità di bacino, sentite le Autorità d'ambito del
servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in
vigore della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse
dalle Regioni, un registro delle aree protette di cui all'allegato 9
alla parte terza del presente decreto, designate dalle autorità
competenti ai sensi della normativa vigente.
Articolo 118
Rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi
dell'impatto esercitato dall'attività antropica
1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione
del Piano di tutela di cui all'articolo 121, le Regioni attuano appositi
programmi di rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche
del bacino idrografico e a valutare l'impatto antropico esercitato sul
medesimo, nonché alla raccolta dei dati necessari all'analisi economica
dell'utilizzo delle acque, secondo quanto previsto dall'allegato 10 alla
parte terza del presente decreto. Le risultanze delle attività di cui
sopra sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne e marine
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici
(Apat).
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità
alle indicazioni di cui all'allegato 3 alla parte terza del presente
decreto e di cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e sono aggiornati
ogni sei anni.
3. Nell'espletamento dell'attività conoscitiva di cui al comma
1, le Regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già
acquisite.
Articolo 119
Principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici
1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al
Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità
competenti tengono conto del principio del recupero dei costi dei
servizi idrici, compresi quelli ambientali e relativi alla risorsa,
prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base
all'allegato 10 alla parte terza del presente decreto e, in particolare,
secondo il principio "chi inquina paga".
2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare
politiche dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli
utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al
raggiungimento ed al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali
di cui alla direttiva 2000/60/Ce nonché di cui agli articoli 76 e
seguenti del presente decreto, anche mediante un adeguato contributo al
recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di
impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria, famiglie e
agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto le
ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei
suddetti costi, nonché delle condizioni geografiche e climatiche della
Regione o delle Regioni in questione. In particolare:
a) i canoni di concessione per le derivazioni delle acque pubbliche
tengono conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa connessi
all'utilizzo dell'acqua;
b) le tariffe dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego
dell'acqua, quali quelli civile, industriale e agricolo, contribuiscono
adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi economica
effettuata secondo l'allegato 10 alla parte terza del presente decreto.
3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le
fasi previste per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2
necessarie al raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui alla
parte terza del presente decreto.
Articolo 120
Rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici
1. Le Regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la
verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali
e sotterranee all'interno di ciascun bacino idrografico.
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità
alle indicazioni di cui all'allegato 1 alla parte terza del presente
decreto. Tali programmi devono essere integrati con quelli già
esistenti per gli obiettivi a specifica destinazione stabiliti in
conformità all'allegato 2 alla parte terza del presente decreto, nonché
con quelli delle acque inserite nel registro delle aree protette. Le
risultanze delle attività di cui al comma 1 sono trasmesse al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela
delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat).
3. Al fine di evitare sovrapposizioni e di garantire il flusso
delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con il Sistema
informativo nazionale dell'ambiente (Sina), le Regioni possono
promuovere, nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di
programma con l'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi
tecnici (Apat), le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente di
cui al decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, le Province, le
Autorità d'ambito, i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri
Enti pubblici interessati. Nei programmi devono essere definite altresì
le modalità di standardizzazione dei dati e di interscambio delle
informazioni.
Articolo 121
Piani di tutela delle acque
1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di
settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente
articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B
dell'allegato 4 alla parte terza del presente decreto.
2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto
delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo
e coordinamento, sentite le Province e le Autorità d'ambito,
definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i
piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi.
Entro il 31 dicembre 2007, le Regioni, sentite le Province e previa
adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di
tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio nonché alle competenti Autorità di bacino, per
le verifiche di competenza.
3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a
garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui
alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela
qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene
in particolare:
a) i risultati dell'attività conoscitiva;
b) l'individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per
specifica destinazione;
c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree
richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di
risanamento;
d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e
coordinate per bacino idrografico;
e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle
relative priorità;
f) il programma di verifica dell'efficacia degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
h) l'analisi economica di cui all'allegato 10 alla parte terza del
presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle
disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti il recupero dei costi
dei servizi idrici;
i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela
le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di
pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma
2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle
Regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre
2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere
effettuati ogni sei anni.
Articolo 122
Informazione e consultazione pubblica
1. Le Regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti
interessate all'attuazione della parte terza del presente decreto, in
particolare all'elaborazione, al riesame e all'aggiornamento dei Piani
di tutela. Su richiesta motivata, le Regioni autorizzano l'accesso ai
documenti di riferimento e alle informazioni in base ai quali é stato
elaborato il progetto del Piano di tutela. Le Regioni provvedono affinché,
per il territorio di competenza ricadente nel distretto idrografico di
appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali
osservazioni da parte del pubblico:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del
Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono
essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano
si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la
gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza,
almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
c) copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima
dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
2. Per garantire l'attiva partecipazione e la consultazione, le
Regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per la presentazione di
osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.
3. I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani
di tutela.
Articolo 123
Trasmissione delle informazioni e delle relazioni
1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le Regioni
trasmettono copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi
al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio al fine del
successivo inoltro alla Commissione europea.
2. Le Regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo
inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni
dettate, in materia di modalità di trasmissione delle informazioni
sullo stato di qualità dei corpi idrici e sulla classificazione delle
acque, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con
apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:
a) l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
I successivi aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal
febbraio 2010;
b) i programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120
entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto e successivamente con cadenza annuale.
3. Entro tre anni dalla pubblicazione di ciascun Piano di tutela
o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le Regioni trasmettono al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio una relazione sui
progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base o
supplementari di cui all'articolo 116.
Capo II
Autorizzazione agli scarichi
Articolo 124
Criteri generali
1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da
cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano ad un
terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue
provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti
sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico
delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati,
l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale
o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli
titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di
depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza
del presente decreto. Ove uno o più stabilimenti effettuino scarichi in
comune senza essersi costituiti in consorzio, l'autorizzazione allo
scarico è rilasciata al titolare dello scarico finale, fermo restando
che il rilascio del provvedimento di autorizzazione o il relativo
rinnovo sono subordinati all'approvazione di idoneo progetto comprovante
la possibilità tecnica di parzializzazione dei singoli scarichi.
3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue
domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di depurazione
delle acque reflue urbane, è definito dalle Regioni nell'ambito della
disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.
4. In deroga al comma 1, gli scarichi di acque reflue domestiche
in reti fognarie sono sempre ammessi nell'osservanza dei regolamenti
fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati
dall'Autorità d'ambito.
5. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue
termali è definito dalle Regioni; tali scarichi sono ammessi in reti
fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore del
servizio idrico integrato ed in conformità all'autorizzazione
rilasciata dall'Autorità di ambito.
6. Le Regioni disciplinano le fasi di autorizzazione provvisoria
agli scarichi degli impianti di depurazione delle acque reflue per il
tempo necessario al loro avvio.
7. Salvo diversa disciplina regionale, la domanda di
autorizzazione è presentata alla Provincia ovvero all'Autorità
d'ambito se lo scarico è in pubblica fognatura. L'autorità competente
provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda. Qualora
detta autorità risulti inadempiente nei termini sopra indicati,
l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi
sessanta giorni, salvo revoca.
8. Salvo quanto previsto dal decreto legislativo 18 febbraio
2005, n. 59, l'autorizzazione è valida per quattro anni dal momento del
rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve essere chiesto il
rinnovo. Lo scarico può essere provvisoriamente mantenuto in funzione
nel rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente
autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento, se la
domanda di rinnovo è stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi
contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve
essere concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data
di scadenza; trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà
cessare immediatamente. La disciplina regionale di cui al comma 3 può
prevedere per specifiche tipologie di scarichi di acque reflue
domestiche, ove soggetti ad autorizzazione, forme di rinnovo tacito
della medesima.
9. Per gli scarichi in un corso d'acqua nel quale sia accertata
una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni annui, oppure in
un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene conto del
periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo
idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine
di garantire le capacità autodepurative del corpo ricettore e la difesa
delle acque sotterranee.
10. In relazione alle caratteristiche tecniche dello scarico,
alla sua localizzazione e alle condizioni locali dell'ambiente
interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni
tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad
esso funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle disposizioni
della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun
pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.
11. Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi,
accertamenti, controlli e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle
domande di autorizzazione allo scarico previste dalla parte terza del
presente decreto sono a carico del richiedente. L'autorità competente
determina, preliminarmente all'istruttoria e in via provvisoria, la
somma che il richiedente è tenuto a versare, a titolo di deposito,
quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima Autorità,
completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva delle
spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.
12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia
trasferita in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa
destinazione d'uso, ad ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi
uno scarico avente caratteristiche qualitativamente e/o
quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente, deve
essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo
ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia
caratteristiche qualitative o quantitative diverse, deve essere data
comunicazione all'autorità competente, la quale, verificata la
compatibilità dello scarico con il corpo recettore, adotta i
provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.
Articolo 125
Domanda dì autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue
industriali deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche
quantitative e qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da
scaricare, dalla tipologia del ricettore, dalla individuazione dei punto
previsto per effettuare i prelievi di controllo, dalla descrizione del
sistema complessivo dello scarico ivi comprese le operazioni ad esso
funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione del
flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle
apparecchiature impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di
scarico nonché dei sistemi di depurazione utilizzati per conseguire il
rispetto dei valori limite di emissione.
2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A
dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai
cicli produttivi indicati nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui
al comma 1 deve altresì indicare:
a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che
comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle
sostanze di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali
sostanze nello scarico. La capacità di produzione dev'essere indicata
con riferimento alla massima capacità oraria moltiplicata per il numero
massimo di ore lavorative giornaliere e per il numero massimo di giorni
lavorativi;
b) il fabbisogno orario di acque per ogni specifico processo produttivo.
Articolo 126
Approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque
reflue urbane
1. Le Regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti
degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina
deve tenere conto dei criteri di cui all'allegato 5 alla parte terza del
presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento
dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonché delle modalità
della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli
scarichi. Le Regioni disciplinano altresì le modalità di
autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in
caso di realizzazione per lotti funzionali.
Articolo 127
Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27
gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque
reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile. I
fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego
risulti appropriato.
2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali
dolci e salmastre.
Capo III
Controllo degli scarichi
Articolo 128
Soggetti tenuti al controllo
1. L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla
base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed
imparziale sistema di controlli.
2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli scarichi
in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza
un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella
convenzione di gestione.
Articolo 129
Accessi ed ispezioni
1. L'autorità competente al controllo è autorizzata a effettuare
le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del
rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute
nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che
danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico è
tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai
luoghi dai quali origina lo scarico.
Articolo 130
Inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico
1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al
titolo V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza
delle prescrizioni dell'autorizzazione allo scarico l'autorità
competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere
eliminate le inosservanze:
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un
tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la
salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle
prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni
che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per
l'ambiente.
Articolo 131
Controllo degli scarichi di sostanze pericolose
Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5
dell'allegato 5 parte terza del presente decreto, l'autorità competente
al rilascio dell'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare
dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico,
nonché le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei
relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità
competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla
data di effettuazione dei singoli controlli.
Articolo 132
Interventi sostitutivi
1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla
parte terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio diffida la Regione a provvedere entro il termine
massimo di centottanta giorni ovvero entro il minor termine imposto
dalle esigenze di tutela ambientale. In caso di persistente inadempienza
provvede, in via sostitutiva, il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio, previa delibera del Consiglio dei Ministri, con oneri a
carico dell'Ente inadempiente.
2. Nell'esercizio dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un
commissario "ad acta" che pone in essere gli atti necessari
agli adempimenti previsti dalla normativa vigente a carico delle Regioni
al fine dell'organizzazione del sistema dei controlli.
Titolo V
Sanzioni
Capo I
Sanzioni amministrative
Articolo 133
Sanzioni amministrative
1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato,
nell'effettuazione di uno scarico superi i valori limite di emissione
fissati nelle tabelle di cui all'allegato 5 alla parte terza del
presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti dalle Regioni
a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità
competente a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108,
comma 1, è punito con la sanzione amministrativa da tremila euro a
trentamila euro. Se l'inosservanza dei valori limite riguarda scarichi
recapitanti nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate
al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure in corpi idrici posti
nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si applica la
sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro.
2. Chiunque apra o comunque effettui scarichi di acque reflue
domestiche o di reti fognarie, servite o meno da impianti pubblici di
depurazione, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 124, oppure
continui ad effettuare o mantenere detti scarichi dopo che
l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, è punito con la sanzione
amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell'ipotesi di
scarichi relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la
sanzione è da seicento euro a tremila euro.
3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al di fuori
delle ipotesi di cui al comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza
osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o
fissate ai sensi dell'articolo 107, comma 1, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
4. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, effettui
l'immersione in mare dei materiali indicati all'articolo 109, comma 1,
lettere a) e b), ovvero svolga l'attività di posa in mare cui al comma
5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione
della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque
non osservi le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, è punito
con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila
euro.
6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il
divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall'articolo 127, comma 2,
è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a
sessantamila euro.
7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro a trentamila euro
chiunque:
a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento o
sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre
prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione
dell'impianto di cui all'articolo 114, comma 2:
b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione del progetto
di gestione.
8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e
la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei
volumi, oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni
di cui all'articolo 95, comma 3, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a seimila euro. Nei
casi di particolare tenuità la sanzione è ridotta ad un quinto.
9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle Regioni
ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a
quindicimila euro.
Articolo 134
Sanzioni in materia di aree di salvaguardia
1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e
destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94
è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a
seimila euro.
Articolo 135
Competenza e giurisdizione
1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi,
all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con
ordinanza-ingiunzione ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge
24 novembre 1981, n. 689, la Regione o la Provincia autonoma nel cui
territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni
previste dall'articolo 133, comma 8, per le quali è competente il
comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre
pubbliche autorità.
2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e dell'accertamento degli
illeciti in violazione delle norme in materia di tutela delle acque
dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente
(C.C.T.A.); può altresì intervenire il Corpo forestale dello Stato e
possono concorrere la Guardia di finanza e la Polizia di Stato. Il Corpo
delle capitanerie di porto, Guardia costiera, provvede alla sorveglianza
e all'accertamento delle violazioni di cui alla parte terza del presente
decreto quando dalle stesse possano derivare danni o situazioni di
pericolo per l'ambiente marino e costiero.
3. Per i procedimenti penali pendenti alla entrata di entrata in
vigore della parte terza del presente decreto, l'autorità giudiziaria,
se non deve pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di
proscioglimento, dispone la trasmissione degli atti agli Enti indicati
al comma 1 ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative.
4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla parte
terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura ridotta
di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Articolo 136
Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie
1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative
previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata
del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali
di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione
dell'inquinamento dei corpi idrici. Le Regioni provvedono alla
ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di
risanamento.
Capo II
Sanzioni penali
Articolo 137
Sanzioni penali
1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue
industriali, senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o
mantenere detti scarichi dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o
revocata, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda
da millecinquecento euro a diecimila euro.
2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli
scarichi di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose
comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle
5 e 3/A dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto, la pena
è dell'arresto da tre mesi a tre anni.
3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5,
effettui uno scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze
pericolose comprese nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate
nelle tabelle 5 e 3/A dell'allegato 5 alla parte terza del presente
decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione, o le altre
prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli 107, comma
1, e 108, comma 4, è punito con l'arresto fino a due anni.
4. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione e
la gestione dei controlli in automatico o l'obbligo di conservazione dei
risultati degli stessi di cui all'articolo 131 è punito con la pena di
cui al comma 3.
5. Chiunque, nell'effettuazione di uno scarico di acque reflue
industriali, superi i valori limite fissati nella tabella 3 o, nel caso
di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'allegato 5 alla parte terza
del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi fissati
dalle Regioni o dalle Province autonome o dall'Autorità competente a
norma dell'articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate
nella tabella 5 dell'allegato 5 alla parte terza del presente decreto,
è punito con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro
a trentamila euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le
sostanze contenute nella tabella 3/A del medesimo allegato 5, si applica
l'arresto da sei mesi a tre anni e l'ammenda da seimila euro a
centoventimila euro,
6. Le sanzioni di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore
di impianti di trattamento delle acque reflue urbane che
nell'effettuazione dello scarico supera i valori-limite previsti dallo
stesso comma.
7. Al gestore del servizio idrico integrato che non ottempera
all'obbligo di comunicazione di cui all'articolo 110, comma 3, o non
osserva le prescrizioni o i divieti di cui all'articolo 110, comma 5, si
applica la pena dell'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da
tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e
con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da
tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli
insediamenti da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di
cui all'articolo 101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più
grave reato, è punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano
fermi i poteri-doveri di interventi dei soggetti incaricati del
controllo anche ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 689 del 1981 e
degli articoli 55 e 354 del codice di procedura penale.
9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle Regioni
ai sensi dell'articolo 113, comma 3, è punito con le sanzioni di cui
all'articolo 137, comma 1.
10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità
competente ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85,
comma 2, è punito con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila
euro.
11. Chiunque non osservi i divieti di scarico previsti dagli
articoli 103 e 104 è punito con l'arresto sino a tre anni.
12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali assunte a
norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il
raggiungimento o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque
designate ai sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai
provvedimenti adottati dall'autorità competente ai sensi dell'articolo
87, comma 3, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda da
quattromila euro a quarantamila euro.
13. Si applica sempre la pena dell'arresto da due mesi a due anni
se lo scarico nelle acque del mare da parte di navi od aeromobili
contiene sostanze o materiali per i quali è imposto il divieto assoluto
di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute nelle convenzioni
internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia, salvo che
siano in quantità tali da essere resi rapidamente innocui dai processi
fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente in mare e
purché in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità
competente.
14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di
allevamento, di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché di
acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole aziende
agroalimentari di cui all'articolo 112, al di fuori dei casi e delle
procedure ivi previste, oppure non ottemperi al divieto o all'ordine di
sospensione dell'attività impartito a norma di detto articolo, è
punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro diecimila o con
l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque effettui
l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure di cui
alla normativa vigente.
Articolo 138
Ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura
1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro
della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
nonché la Regione e la Provincia autonoma competente, ai quali è
inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di
competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la
sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura; a
seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi
dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive,
possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura
degli impianti.
Articolo 139
Obblighi del condannato
1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte
terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi
dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della
sospensione condizionale della pena può essere subordinato al
risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in
sicurezza, bonifica e ripristino.
Articolo 140
Circostanza attenuante
1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o
dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le
sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono
diminuite dalla metà a due terzi.
Sezione III
Gestione delle risorse idriche
Titolo I
I principi generali e competenze
Articolo 141
Ambito di applicazione
1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione è la
disciplina della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico
integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente e della
concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
del servizio idrico integrato e delle relative funzioni fondamentali di
comuni, Province e città metropolitane.
2. Il servizio idrico integrato è costituito dall'insieme dei
servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad
usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue, e deve
essere gestito secondo principi di efficienza, efficacia ed economicità,
nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie. Le presenti
disposizioni si applicano anche agli usi industriali delle acque gestite
nell'ambito del servizio idrico integrato.
Articolo 142
Competenze
1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali,
e fatte salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti (70bis)
, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le
funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate
dalla presente sezione.
2. Le Regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse
spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e
nel rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in
particolare provvedono a disciplinare il governo del rispettivo
territorio.
3. Gli Enti locali, attraverso l'Autorità d'ambito di cui
all'articolo 148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del
servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di
determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento
della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte
terza del presente decreto.
Articolo 143
Proprietà delle infrastrutture
1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le
altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di
consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli
articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei
modi e nei limiti stabiliti dalla legge.
2. Spetta anche all'Autorità d'ambito la tutela dei beni di cui
al comma 1, ai sensi dell'articolo 8/23, secondo comma, del codice
civile.
Articolo 144
Tutela e uso delle risorse idriche
1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte
dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato.
2. Le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed
utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è
effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni
future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
3. La disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro
razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il
rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la
vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la
flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici.
4. Gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti
nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne
pregiudichino la qualità.
5. Le acque termali, minerali e per uso geotermico sono
disciplinate da norme specifiche, nel rispetto del riparto delle
competenze costituzionalmente determinato.
Articolo 145
Equilibrio del bilancio idrico
1. L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna
periodicamente il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra
le disponibilità di risorse reperibili o attivabili nell'area di
riferimento ed i fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri
e degli obiettivi di cui all'articolo 144.
2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni,
l'Autorità di bacino competente adotta, per quanto di competenza, le
misure per la pianificazione dell'economia idrica in funzione degli usi
cui sono destinate le risorse.
3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi
o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea di displuvio, le
derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso
necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli
equilibri degli ecosistemi interessati.
Articolo 146
Risparmio idrico
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza
del presente decreto, le Regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle
risorse idriche e sui rifiuti , nel rispetto dei princìpi della
legislazione statale, adotta norme e misure volte a razionalizzare i
consumi e eliminare gli sprechi ed in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di distribuzione
di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b) prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di
trasporto e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo
di utilizzo di sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di
materiale metallico;
c) realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi,
commerciali e produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di
adduzione al fine dell'utilizzo di acque meno pregiate per usi
compatibili;
d) promuovere l'informazione e la diffusione di metodi e tecniche di
risparmio idrico domestico e nei settori industriale, terziario ed
agricolo;
e) adottare sistemi di irrigazione ad alta efficienza accompagnati da
una loro corretta gestione e dalla sostituzione, ove opportuno, delle
reti di canali a pelo libero con reti in pressione;
f) installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità
abitativa nonché contatori differenziati per le attività produttive e
del settore terziario esercitate nel contesto urbano;
g) realizzare nei nuovi insediamenti, quando economicamente e
tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti finali, sistemi
di collettamento differenziati per le acque piovane e per le acque
reflue e di prima pioggia;
h) individuare aree di ricarica delle falde ed adottare misure di
protezione e gestione atte a garantire un processo di ricarica
quantitativamente e qualitativamente idoneo.
2. Gli strumenti urbanistici, compatibilmente con l'assetto
urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie disponibili,
devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate
utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di
costruire è subordinato alla previsione, nel progetto,
dell'installazione di coniatori per ogni singola unità abitativa, nonché
del collegamento a reti duali, ove già disponibili.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti (70bis)
e il Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per
la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat), adotta un
regolamento per la definizione dei criteri e dei metodi in base ai quali
valutare le perdite degli acquedotti e delle fognature. Entro il mese di
febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei servizi idrici
trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti (70bis)
ed all'Autorità d'ambito competente i risultati delle rilevazioni
eseguite con i predetti metodi.
Titolo II
Servizio idrico integrato
Articolo 147
Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato
1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti
territoriali ottimali definiti dalle Regioni in attuazione della legge 5
gennaio 1994, n. 36.
2. Le Regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti
territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico
integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di
efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei
seguenti princìpi:
a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini
idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della
localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche
derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;
b) unicità della gestione e, comunque, superamento della frammentazione
verticale delle gestioni;
c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di
parametri fisici, demografici, tecnici.
3. Le Regioni, sentite le Province, stabiliscono norme
integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e
produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità
degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle
prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
Articolo 148
Autorità d'ambito territoriale ottimale
1. L'Autorità d'ambito è una struttura dotata di personalità
giuridica costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato
dalla competente Regione, alla quale gli Enti locali partecipano
obbligatoriamente ed alla quale è trasferito l'esercizio delle
competenze ad essi spettanti in materia di gestiore delle risorse
idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di
cui all'articolo 143, comma 1.
2. Le Regioni e le Province autonome possono disciplinare le
forme ed i modi della cooperazione tra gli Enti locali ricadenti nel
medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano le
Autorità d'ambito di cui al comma 1, cui è demandata l'organizzazione,
l'affidamento e il controllo della gestione del servizio idrico
integrato.
3. I bilanci preventivi e consuntivi dell'Autorità d'ambito e
loro variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo,
istituito presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (70bis)
e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio entro
quindici giorni dall'adozione delle relative delibere.
4. I costi di funzionamento della struttura operativa
dell'Autorità d'ambito, determinati annualmente, fanno carico agli Enti
locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, in base alle quote
di partecipazione di ciascuno di essi all'Autorità d'ambito.
5. Fermare stando la partecipazione obbligatoria all'Autorità
d'ambito di tutti gli Enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla
gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i Comuni
con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle
comunità montane, a condizione che la gestione del servizio idrico sia
operata direttamente dalla amministrazione comunale ovvero tramite una
società a capitale interamente pubblico e controllata dallo stesso
comune. Sulle gestioni di cui al presente comma l'Autorità d'ambito
esercita funzioni di regolazione generale e di controllo. Con apposito
contratto di servizio stipulato con l'Autorità d'ambito, previo accordo
di programma, sono definiti criteri e modalità per l'eventuale
partecipazione ad iniziative promosse dall'Autorità d'ambito medesima.
Articolo 149
Piano d'ambito
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto, l'Autorità d'ambito provvede alla
predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito
è costituito dai seguenti atti:
a) ricognizione delle infrastrutture;
b) programma degli interventi;
c) modello gestionale ed organizzativo;
d) piano economico finanziario.
2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate
dagli Enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua
lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del
servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.
3. Il programma degli interventi individua le opere di
manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli
interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie
al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al
soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza. Il programma
degli interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli
obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine
programmate e i tempi di realizzazione.
4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato
patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede,
con cadenza annuale, l'andamento dei costi dì gestione e dì
investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo
perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da
tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come
redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico
finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia,
efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli
investimenti programmati.
5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura
operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e
la realizzazione del programma degli interventi.
6. Il piano d'ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla
delibera di approvazione alla Regione competente, all'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (70bis)
e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. L'Autorità
di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (70bis)
può notificare all'Autorità d'ambito, entro novanta giorni decorrenti
dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando,
ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi,
con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti
programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali
obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare
riferimento alla capacità dell'evoluzione tariffaria di garantire
l'equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione
agli investimenti programmati.
Articolo 150
Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento
1. L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del
principio di unicità della gestione per ciascun ambito, delibera la
forma di gestione fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
2. L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio idrico
integrato mediante gara disciplinata dai princìpi e dalle disposizioni
comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma 7,
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 257, secondo modalità e
termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia.
3. La gestione può essere altresì affidata a società
partecipate esclusivamente e direttamente da Comuni o altri Enti locali
compresi nell'ambito territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive
ragioni tecniche od economiche, secondo la previsione del comma 5,
lettera c), dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, o a società solo parzialmente partecipate da tali Enti, secondo la
previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo 113 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purché il socio privato sia stato
scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità
di cui al comma 2.
4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio
idrico integrato su tutto il territorio degli Enti locali ricadenti
nell'ambito territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo
148, comma 5.
Articolo 151
Rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico
integrato
1. I rapporti fra Autorità d'ambito e gestori del servizio idrico
integrato sono regolati da convenzioni predisposte dall'Autorità
d'ambito.
2. A tal fine, le Regioni e le Province autonome adottano
convenzioni tipo, con relativi disciplinari, che devono prevedere in
particolare:
a) il regime giuridico prescelto per la gestione del servizio:
b) la durata dell'affidamento, non superiore comunque a trenta anni;
c) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario
della gestione;
d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio da
assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli
impianti;
e) i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate
dall'Autorità d'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con
riferimento alle diverse categorie di utenze;
f) l'obbligo di adottare la carta di servizio sulla base degli atti
d'indirizzo vigenti;
g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione del Programma degli
interventi;
h) le modalità di controllo del corretto esercizio del servizio e
l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato a tal fine, come
previsto dall'articolo 165;
i) il dovere di prestare ogni collaborazione per l'organizzazione e
l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che l'Autorità
d'ambito ha facoltà di disporre durante tutto il periodo di
affidamento;
l) l'obbligo di dare tempestiva comunicazione all'Autorità d'ambito del
verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere
irregolarità nell'erogazione del servizio, nonché l'obbligo di
assumere ogni iniziativa per l'eliminazione delle irregolarità, in
conformità con le prescrizioni dell'Autorità medesima;
m) l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle
opere,
degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in
condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione;
n) l'obbligo di prestare idonee garanzie finanziarie e assicurative;
o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di
risoluzione secondo i principi del codice civile;
p) le modalità di rendicontazione delle attività del gestore.
3. Sulla base della convenzione di cui al comma 2, l'Autorità
d'ambito predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare,
da allegare ai capitolati di gara. Ove la Regione o la Provincia
autonoma non abbiano provveduto all'adozione delle convenzioni e dei
disciplinari tipo di cui al comma 2, l'Autorità predispone lo schema
sulla base della normativa vigente. Le convenzioni esistenti devono
essere integrate in conformità alle previsioni di cui al comma 2.
4. Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono
essere anche definiti, sulla base del programma degli interventi, le
opere e le manutenzioni straordinarie, nonché il programma temporale e
finanziario di esecuzione.
5. L'affidamento del servizio è subordinato alla prestazione da
parte del gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve
coprire gli interventi da realizzare nei primi cinque anni di gestione e
deve essere annualmente aggiornata in modo da coprire gli interventi da
realizzare nel successivo quinquennio.
6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione
entro i termini stabiliti dalla convenzione.
7. L'affidatario del servizio idrico integrato, previo consenso
dell'Autorità d'ambito, può gestire altri servizi pubblici, oltre a
quello idrico, ma con questo compatibili, anche se non estesi all'intero
ambito territoriale ottimale.
8. Le società concessionarie del servizio idrico integrato,
nonché le società miste costituite a seguito dell'individuazione del
socio privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo,
possono emettere prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente
dagli utenti con facoltà di conversione in azioni semplici o di
risparmio. Nel caso di aumento del capitale sociale, una quota non
inferiore al dieci percento è offerta in sottoscrizione agli utenti del
servizio.
Articolo 152
Poteri di controllo e sostitutivi
1. L'Autorità d'ambito ha facoltà di accesso e verifica alle
infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.
2. Nell'ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che
derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa
o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli
minimi di servizio, l'Autorità d'ambito interviene tempestivamente per
garantire l'adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri
ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione.
Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti
penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca,
l'Autorità d'ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso
provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti
disposizioni in materia di appalti pubblici.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non intervenga, o comunque
ritardi il proprio intervento, la Regione, previa diffida e sentita
l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (70bis),
esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un
commissario "ad acta". Qualora la Regione non adempia entro
quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati,
previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, mediante nomina di un
commissario "ad acta".
4. L'Autorità d'ambito con cadenza annuale comunica al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio ed all'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (70bis)
i risultati dei controlli della gestione.
Articolo 153
Dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato
1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli Enti locali ai
sensi dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per
tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico
integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti
dalla convenzione e dal relativo disciplinare.
2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative al
servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi
all'ammortamento dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli
eventuali contributi a fondo perduto in conto capitale e/o in conto
interessi, sono trasferite al soggetto gestore, che subentra nei
relativi obblighi. Di Tale trasferimento si tiene conto nella
determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza degli
oneri per la finanza pubblica,
Articolo 154
Tariffa del servizio idrico integrato
1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico
integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa
idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti
necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere,
dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi
di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei
costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia
assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di
esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il
principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del
servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, su
proposta dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti
(70bis),
tenuto conto della necessità di recuperare i costi ambientali anche
secondo il principio "chi inquina paga", definisce con decreto
le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai
servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua.
3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio
nazionale, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di
concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, da parte delle
Regioni, dei canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica,
tenendo conto dei costi ambientali e dei costi della risorsa e
prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il
concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque
risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso
o, ancora, restituisca le acque di scarico con le medesime
caratteristiche qualitative di quelle prelevate. L'aggiornamento dei
canoni ha cadenza triennale.
4. L'Autorità d'ambito, al fine della predisposizione del Piano
finanziario di cui all'articolo 149, comma 1, lettera c), determina la
tariffa di base, nell'osservanza delle disposizioni contenute nel
decreto di cui al comma 2, comunicandola all'Autorità di vigilanza
sulle risorse idriche e sui rifiuti (70bis)
ed al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
5. La tariffa è applicata dai soggetti gestori, nel rispetto
della Convenzione e del relativo disciplinare.
6. Nella modulazione della tariffa sono assicurate, anche
mediante compensazioni per altri tipi di consumi, agevolazioni per
quelli domestici essenziali, nonché per i consumi di determinate
categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire
obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni
di tariffa per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi
stagionali, nonché per le aziende artigianali, commerciali e
industriali.
7. L'eventuale modulazione della tariffa tra i Comuni tiene conto
degli investimenti pro capite per residente effettuati dai Comuni
medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione del servizio
idrico integrato,
Articolo 155
Tariffa del servizio di fognatura e depurazione
1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e
di depurazione sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino
impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi. Il
gestore è tenuto a versare i relativi proventi, risultanti dalla
formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo 154, a un fondo
vincolato intestato all'Autorità d'ambito, che lo mette a disposizione
del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle reti di
fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito.
La tariffa non è dovuta se l'utente è dotato di sistemi di
collettamento e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano
ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.
2. In pendenza dell'affidamento della gestione dei servizi idrici
locali al gestore del servizio idrico integrato, i Comuni già provvisti
di impianti di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione
di dissesto, destinano i proventi derivanti dal canone di depurazione e
fognatura prioritariamente alla manutenzione degli impianti medesimi.
3. Gli utenti tenuti al versamento della tariffa riferita al
servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1, sono esentati dal
pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta al medesimo
titolo ad altri Enti pubblici.
4. Al fine della determinazione della quota tariffaria di cui al
presente articolo, il volume dell'acqua scaricata è determinato in
misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.
5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al
presente articolo è determinata sulla base della qualità e della
quantità delle acque reflue scaricate e sulla base del principio
"chi inquina paga". E' fatta salva la possibilità di
determinare una quota tariffaria ridotta per le utenze che provvedono
direttamente alla depurazione e che utilizzano la pubblica fognatura,
sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano ricevuto specifica
approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.
6. Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già
usata nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali è
ridotta in funzione dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua
reflua o già usata. La riduzione si determina applicando alla tariffa
un correttivo, che tiene conto della quantità di acqua riutilizzata e
della quantità delle acque primarie impiegate.
Articolo 156
Riscossione della tariffa
1. La tariffa è riscossa dal gestore del servizio idrico integrato.
Qualora il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di
particolari convenzioni e concessioni, la relativa tariffa è riscossa
dal gestore del servizio di acquedotto, il quale provvede al successivo
riparto tra i diversi gestori interessati entro trenta giorni dalla
riscossione.
2. Con apposita convenzione, sottoposta al controllo della
Regione, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori per il riparto
delle spese di riscossione.
3. La riscossione volontaria e coattiva della tariffa
può essere effettuata secondo le disposizioni del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, mediante
convenzione con l'Agenzia delle entrate.
3. La riscossione volontaria della tariffa può essere effettuata
con le modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio
1997, n. 241, previa convenzione con l'Agenzia delle entrate.
3. La riscossione volontaria della tariffa può
essere effettuata con le modalità di cui al capo III del decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione con l'Agenzia
delle entrate. La riscossione, sia volontaria sia coattiva, della
tariffa può altresì essere affidata ai soggetti iscritti all'albo
previsto dall'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n.
446, a seguito di procedimento ad evidenza pubblica.
Articolo 157
Opere di adeguamento del servizio idrico
1. Gli Enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie
per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani
urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate,
previo parere di compatibilità con il piano d'ambito reso dall'Autorità
d'ambito e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio
medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in
concessione.
Articolo 158
Opere e interventi per il trasferimento di acqua
1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove
il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra
Regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei
distretti idrografici, le Autorità di bacino, sentite le Regioni
interessate, promuovono accordi di programma tra le Regioni medesime, ai
sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
salvaguardando in ogni caso le finalità di cui all'articolo 144 del
presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le
opportune iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di
una Regione interessata od anche in presenza di istanza presentata da
altri soggetti pubblici o da soggetti privati interessati, fissando un
termine per definire gli accordi.
2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo
delle risorse idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso,
provvede in via sostitutiva, previa diffida ad adempiere entro un
congruo termine, il Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al
presente articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro
realizzazione e gestione, se di iniziativa pubblica, possono essere
poste anche a totale carico dello Stato mediante quantificazione
dell'onere e relativa copertura finanziaria, previa deliberazione del
Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su
proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e
delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di
rispettiva competenza. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio esperisce le procedure per la concessione d'uso delle acque
ai soggetti utilizzatori e definisce la relativa convenzione tipo; al
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti compete la determinazione
dei criteri e delle modalità per l'esecuzione e la gestione degli
interventi, nonché l'affidamento per la realizzazione e la gestione
degli impianti.
Titolo III
Vigilanza, controlli e partecipazione
Articolo 159
Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti - Vigilanza,
controlli e partecipazione
1. Alla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse
idriche istituito dalla legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la
denominazione di Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti, di seguito denominata "Autorità", con il compito di
assicurare l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e
privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e
quarta del presente decreto.
2. Sono organi dell'Autorità il presidente, il comitato
esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate
"Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche" e
"Sezione per la vigilanza sui rifiuti"; ciascuna sezione è
composta dal presidente dell'Autorità, dal coordinatore di sezione e da
cinque componenti per la "Sezione per la vigilanza sulle risorse
idriche" e da sei componenti per la "Sezione per la vigilanza
sui rifiuti". Il comitato esecutivo è composto dal presidente
dell'Autorità e dai coordinatori di sezione. Il consiglio dell'Autorità
è composto da tredici membri e dal presidente, nominati con decreto del
Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei
Ministri. Il presidente dell'Autorità e quattro componenti del
consiglio, dei quali due con funzioni di coordinatore di sezione, sono
nominati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, due su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
due su proposta del Ministro per la funzione pubblica, uno su proposta
del Ministro delle attività produttive relativamente alla "Sezione
per la vigilanza sui rifiuti", quattro su designazione della
Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome. Le
proposte sono previamente sottoposte al parere delle competenti
Commissioni parlamentari.
3. Il Presidente dell'Autorità è il legale rappresentante,
presiede il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali
esso si articola. Il comitato esecutivo è l'organo deliberante
dell'Autorità e provvede ad assumere le relative decisioni sulla base
dell'istruttoria e delle proposte formulate dal consiglio o dalle sue
sezioni.
4. L'organizzazione e il funzionamento, anche contabile,
dell'Autorità sono disciplinati, in conformità alle disposizioni di
cui alla parte terza e quarta del presente decreto, da un regolamento
deliberato dal Consiglio dell'Autorità ed emanato con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il procedimento di cui al
comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
5. I componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di
alta e riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni
e non possono essere confermati. A pena di decadenza essi non possono
esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività
professionale o di consulenza attinente al settore di competenza
dell'Autorità; essi non possono essere dipendenti di soggetti privati,
né ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti
politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti
nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle
amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata
dell'incarico o, se professori universitari, in aspettativa, senza
assegni, per l'intera durata del mandato. Per almeno due anni dalla
cessazione dell'incarico i componenti dell'Autorità non possono
intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione,
di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di
competenza.
6. In fase di prima attuazione, e nel rispetto del principio
dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica di cui
all'articolo 1, comma 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n.
308, il Presidente ed i componenti del Comitato per la vigilanza
sull'uso delle risorse idriche rimangono in carica fino al compimento
del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente
le funzioni di Presidente dell'Autorità di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti e di componenti della "Sezione per la
vigilanza sulle risorse idriche", tra i quali il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio nomina il coordinatore.
Analogamente, il Presidente ed i componenti dell'Osservatorio nazionale
sui rifiuti istituito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22,
rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale
dell'Autorità ed assumono rispettivamente le funzioni di coordinatore e
di componenti della "Sezione per la vigilanza sui rifiuti".
7. L'Autorità si avvale di una segreteria tecnica, composta da
esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri su proposta dell'Autorità. Per essi valgono
le incompatibilità di cui al comma 5 con le relative conseguenze
previste. L'Autorità può richiedere ad altre amministrazioni pubbliche
di avvalersi di loro prestazioni per funzioni di ispezione e di
verifica. La dotazione organica della segreteria tecnica, cui è
preposto un dirigente, e le spese di funzionamento sono determinate con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione
pubblica,
8. I componenti dell'Autorità e della segreteria tecnica,
nell'esercizio delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al
segreto d'ufficio. Si applicano le norme in materia di pubblicità,
partecipazione e accesso.
9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinato
il trattamento economico spettante ai membri dell'Autorità e ai
componenti della segreteria tecnica.
10. Il bilancio preventivo e il rendiconto della gestione sono
soggetti al controllo della Corte dei conti ed alle forme di pubblicità
indicate nel regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione è
dato avviso nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
11. L'Autorità definisce annualmente e con proiezione triennale
i programmi di attività e le iniziative che intende porre in essere per
il perseguimento delle finalità di cui al comma 1, ed a garanzia degli
interessi degli utenti, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio.
12. L'Autorità è rappresentata in giudizio dall'Avvocatura
dello Stato.
Articolo 160
Compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza
1. Nell'esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1
dell'articolo 159, l'Autorità vigila sulle risorse idriche e sui
rifiuti e controlla il rispetto della disciplina vigente a tutela delle
risorse e della salvaguardia ambientale esercitando i relativi poteri ad
essa attribuiti dalla legge.
2. L'Autorità in particolare:
a) assicura l'osservanza dei principi e delle regole della concorrenza e
della trasparenza nelle procedure di affidamento dei servizi;
b) tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull'integrità
delle reti e degli impianti;
c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al comma 3;
d) promuove e svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e dei
rispettivi servizi, avvalendosi dell'Osservatorio di cui all'articolo
161;
e) propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle
convenzioni in base all'andamento del mercato e laddove siano resi
necessari dalle esigenze degli utenti o dalle finalità di tutela e
salvaguardia dell'ambiente;
f) specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da
prestare nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio che disciplinano la materia;
g) controlla che i gestori adottino una carta di servizio pubblico con
indicazione di standard dei singoli servizi e ne verifica il rispetto;
h) propone davanti al Giudice amministrativo i ricorsi contro gli atti e
provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere in
violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente
decreto; esercita l'azione in sede civile avverso gli stessi
comportamenti, richiedendo anche il risarcimento del danno in forma
specifica o per equivalente; denuncia all'autorità giudiziaria le
violazioni perseguibili in sede penale delle norme di cui alle parti
terza e quarta del presente decreto; sollecita l'esercizio dell'azione
di responsabilità per i danni erariali derivanti dalla violazione delle
norme medesime;
i) formula al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
proposte di revisione della disciplina vigente, segnalando nei casi di
grave inosservanza e di non corretta applicazione;
l) predispone ed invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale
sull'attività svolta, con particolare riferimento allo stato e all'uso
delle risorse idriche, all'andamento dei servizi di raccolta e
smaltimento dei rifiuti, nonché all'utilizzo dei medesimi nella
produzione di energia;
m) definisce, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e con la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome,
programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia
degli interessi degli utenti, anche mediante la cooperazione con
analoghi organi di garanzia eventualmente istituiti dalle Regioni e
dalle Province autonome competenti;
n) esercita le funzioni già di competenza dell'Osservatorio nazionale
sui rifiuti istituito dall'articolo 26 del decreto legislativo 5
febbraio 1997, n. 22;
o) può svolgere attività di consultazione nelle materie di propria
competenza a favore delle Autorità d'ambito e delle pubbliche
amministrazioni, previa adozione di apposito decreto da parte del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, per la disciplina delle modalità,
anche contabili, e delle tariffe relative a tali attività.
3. Nell'esercizio delle proprie competenze, l'Autorità:
a) richiede informazioni e documentazioni ai gestori operanti nei
settori idrico e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici e privati
tenuti all'applicazione delle disposizioni di cui alle parti terza e
quarta del presente decreto; esercita poteri di acquisizione, accesso ed
ispezione alle documentazioni in conformità ad apposito regolamento
emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi
del comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
b) irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a
trentamila euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano
od omettono di fornire le informazioni o di esibire i documenti
richiesti ai sensi della lettera a) o intralciano l'accesso o le
ispezioni; irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma
fino a sessantamila euro ai soggetti che forniscono informazioni od
esibiscono documenti non veritieri; le stesse sanzioni sono irrogate nel
caso di violazione degli obblighi di informazione all'Osservatorio di
cui all'articolo 161;
c) comunica, alle autorità competenti ad adottare i relativi
provvedimenti, le violazioni, da parte dei gestori, delle Autorità
d'ambito e dei consorzi di bonifica e di irrigazione, dei principi e
delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta del presente
decreto, in particolare quelle lesive della concorrenza, della tutela
dell'ambiente, dei diritti degli utenti e dei legittimi usi delle acque;
adotta i necessari provvedimenti temporanei ed urgenti, ordinatori ed
inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei servizi;
d) può intervenire, suistanza dei gestori, in caso di omissioni o
inadempimenti delle Autorità d'ambito.
4. Il ricorso contro gli atti e i provvedimenti dell'Autorità
spetta alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del
TAR del Lazio.
Articolo 161
Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti
1. L'Autorità, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale di
un Osservatorio sui settori di propria competenza. L'Osservatorio svolge
funzioni di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e
conoscitivi formando una banca dati connessa con i sistemi informativi
del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle Regioni
e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, delle Autorità di
bacino e dei soggetti pubblici che detengono informazioni nel settore.
In particolare, l'Osservatorio raccoglie ed elabora dati inerenti:
a) al censimento dei partecipanti alle gare per l'affidamento dei
servizi, nonché dei soggetti gestori relativamente ai dati
dimensionali, tecnici e finanziari di esercizio;
b) alle condizioni generali di contratto e convenzioni per l'esercizio
dei servizi;
c) ai modelli adottati di organizzazione, di gestione, di controllo e di
programmazione dei servizi e degli impianti;
d) ai livelli di qualità dei servizi erogati;
e) alle tariffe applicate;
f) ai piani di investimento per l'ammodernamento degli impianti e lo
sviluppo dei servizi.
2. I gestori dei servizi idrici e di raccolta e smaltimento dei
rifiuti trasmettono ogni dodici mesi all'Osservatorio i dati e le
informazioni di cui al comma 1 e comunque tutti i dati che
l'Osservatorio richieda loro in qualsiasi momento.
3. Sulla base dei dati acquisiti, l'Osservatorio effettua, su
richiesta dell'Autorità, elaborazioni al fine, tra l'altro, di:
a) definire indici di produttività per la valutazione della economicità
delle gestioni a fronte dei servizi resi;
b) individuare livelli tecnologici e modelli organizzativi ottimali dei
servizi;
c) definire parametri di valutazione per il controllo delle politiche
tariffarie praticate, anche a supporto degli organi decisionali in
materia di fissazione di tariffe e dei loro adeguamenti, verificando il
rispetto dei criteri fissati in materia dai competenti organi statali;
d) individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionale
dei servizi o di inosservanza delle prescrizioni normative vigenti in
materia;
e) promuovere la sperimentazione e l'adozione di tecnologie innovative;
f) verificare la fattibilità e la congruità dei programmi di
investimento in relazione alle risorse finanziarie e alla politica
tariffaria;
g) realizzare quadri conoscitivi di sintesi.
4. L'Osservatorio assicura l'accesso generalizzato, anche per via
informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni effettuate secondo
deliberazione dell'Autorità e nel rispetto delle disposizioni generali.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro
per la funzione pubblica, sono determinate, nel rispetto del principio
dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica, la
dotazione organica dell'Osservatorio, cui è preposto un dirigente, e le
spese di funzionamento. Per l'espletamento dei propri compiti,
l'Osservatorio, su indicazione dell'Autorità, può avvalersi della
consulenza di esperti nel settore e stipulare convenzioni con Enti
pubblici di ricerca e con società specializzate.
Articolo 162
Partecipazione, garanzia e informazione degli utenti
1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione
agli utenti, promuove iniziative per la diffusione della cultura
dell'acqua e garantisce l'accesso dei cittadini alle informazioni
inerenti ai servizi gestiti nell'ambito territoriale ottimale di propria
competenza, alle tecnologie impiegate, al funzionamento degli impianti,
alla quantità e qualità delle acque fornite e trattate.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, le
Regioni e le Province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze,
assicurano la pubblicità dei progetti concernenti opere idrauliche che
comportano o presuppongono grandi e piccole derivazioni, opere di
sbarramento o di canalizzazione, nonché la perforazione di pozzi. A tal
fine, le amministrazioni competenti curano la pubblicazione delle
domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento,
oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato
con Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a
diffusione nazionale e su un quotidiano a diffusione locale per le
grandi derivazioni di acqua da fiumi transnazionali e di confine.
3. Chiunque può prendere visione presso i competenti uffici del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, delle Regioni e
delle Province autonome di tutti i documenti, atti, studi e progetti
inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente
articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità
degli atti delle amministrazioni pubbliche.
Articolo 163
Gestione delle aree di salvaguardia
1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse
idriche destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico
integrato può stipulare convenzioni con lo Stato, le Regioni, gli Enti
locali, le associazioni e le università agrarie titolari di demani
collettivi, per la gestione diretta dei demani pubblici o collettivi
ricadenti nel perimetro delle predette aree, nel rispetto della
protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso civico
esercitati.
2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione delle
aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito
territoriale ottimale all'altro, è versata alla comunità montana, ove
costituita, o agli Enti locali nel cui territorio ricadono le
derivazioni; i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e
del recupero delle risorse ambientali.
Articolo 164
Disciplina delle acque nelle aree protette
1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali,
l'ente gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino,
definisce le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla
conservazione degli ecosistemi, che non possono essere captate.
2. Il riconoscimento e la concessione preferenziale delle acque
superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura pubblica per effetto
dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonché le
concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore
dell'area naturale protetta. Gli Enti gestori di aree protette
verificano le captazioni e le derivazioni già assentite all'interno
delle aree medesime e richiedono all'autorità competente la modifica
delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni degli
equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che
ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della
pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone
demaniale di concessione.
Articolo 165
Controlli
1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il
controllo degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di
servizio idrico si dota di un adeguato servizio di controllo
territoriale e di un laboratorio di analisi per i controlli di qualità
delle acque alla presa, nelle reti di adduzione e di distribuzione, nei
potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita convenzione
con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le
competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità
delle acque sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa
vigente e quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.
2. Coloro che si approvvigionano in tutto o in parte di acqua da
fonti diverse dal pubblico acquedotto sono tenuti a denunciare
annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il quantitativo
prelevato nei termini e secondo le modalità previste dalla normativa
per la tutela delle acque dall'inquinamento.
3. Le sanzioni previste dall'articolo 19 del decreto legislativo
2 febbraio 2001, n. 31, si applicano al responsabile della gestione
dell'acquedotto soltanto nel caso in cui, dopo la comunicazione
dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente adottato le
misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua o a prevenire il
consumo o l'erogazione di acqua non idonea.
Titolo IV
Usi produttivi delle risorse idriche
Articolo 166
Usi delle acque irrigue e di bonifica
1.I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro
competenze, hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente
scopo irriguo, gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque
reflue, gli acquedotti rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi
irrigui e di bonifica e, previa domanda alle competenti autorità
corredata dal progetto delle opere da realizzare, hanno facoltà di
utilizzare le acque fluenti nei canali e nei cavi consortili per usi che
comportino la restituzione delle acque siano compatibili con le
successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione di energia
idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità
di bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione.
Trascorso tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i
consorzi sono obbligati ai pagamento dei relativi canoni per le quantità
di acqua corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le
disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 36 del testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici,
approvato con Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775.
2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i
soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle
disposizioni di cui al capo I del titolo VI del Regio decreto 8 maggio
1904, n. 368.
3. Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità
delle acque degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente
decreto, chiunque, non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione,
utilizza canali consortili o acque irrigue come recapito di scarichi,
anche se depurati e compatibili con l'uso irriguo, provenienti da
insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire alle spese sostenute
dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.
4. Il contributo di cui al comma 3 è determinato dal consorzio
interessato e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle
modalità di versamento.
Articolo 167
Usi agricoli delle acque
1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di
risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle
derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la
priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di
cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 102.
2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145, comma 3, si
proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione
competente, sentiti i soggetti titolari delle concessioni di
derivazione, assume i relativi provvedimenti.
3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio
di fondi agricoli o di singoli edifici è libera.
4. La raccolta di cui al comma 3 non richiede licenza o
concessione di derivazione di acque; la realizzazione dei relativi
manufatti è regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni
nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi
speciali.
5. L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici,
come definiti dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque sugli impianti elettrici, approvato
con Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, resta disciplinata dalla
medesima disposizione, purché non comprometta l'equilibrio del bilancio
idrico di cui all'articolo 145 del presente decreto.
Articolo 168
Utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico
1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente
decreto e del piano energetico nazionale, nonché degli indirizzi per
gli usi plurimi delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività
produttive, sentite le Autorità di bacino, nonché le Regioni e le
Province autonome, disciplina, senza che ciò possa dare luogo alla
corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione,
fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:
a) la produzione al fine della cessione di acqua dissalata conseguita
nei cicli di produzione delle centrali elettriche costiere;
b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a scopi idroelettrici per
fronteggiare situazioni di emergenza idrica;
c) la difesa e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della
qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.
Articolo 169
Piani, studi e ricerche
1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni
dello Stato e da Enti pubblici aventi competenza nelle materie
disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle
Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della
predisposizione dei piani ad esse affidati.
Sezione IV
Disposizioni transitorie e finali
Articolo 170
Norme transitorie
1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle
procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla
data di entrata in vigore della parte seconda del presente decreto,
continuano ad applicarsi le procedure di adozione ed approvazione dei
piani di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183.
2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1 del decreto-legge 12
ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11
dicembre 2000, n. 3 65, i riferimenti in esso contenuti all'articolo 1
del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti
all'articolo 66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio
1989, n. 183, devono intendersi riferiti alla sezione prima della parte
terza del presente decreto, ove compatibili.
2-bis. Nelle more della costituzione dei distretti idrografici di
cui al Titolo II della Parte terza del presente decreto e della
revisione della relativa disciplina legislativa con un decreto
legislativo correttivo, le autorità di bacino di cui alla legge 18
maggio 1989, n. 183, sono prorogate fino alla data di entrata in vigore
del decreto correttivo che, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della
legge n. 308 del 2004, definisca la relativa disciplina. (1)
3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente
decreto:
a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4 e 5,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;
b) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;
c) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 104, comma 4, si
applica il decreto ministeriale 28 luglio 1994;
d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si
applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;
e) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 114, comma 4,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 30 giugno 2004;
f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118, comma 2,
continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002 e il
decreto ministeriale 19 agosto 2003;
g) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 123, comma 2,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146, comma 3,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n. 99;
i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2,
all'affidamento della concessione di gestione del servizio idrico
integrato nonché all'affidamento a società miste continuano ad
applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonché le
circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 6
dicembre 2004;
l) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 154, comma 2,
continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto 1996.
4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di
recepimento delle seguenti direttive comunitarie:
a) direttiva 75/440/Cee relativa alla qualità delle acque superficiali
destinate alla produzione di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/Cee concernente l'inquinamento provocato da certe
sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico;
c) direttiva 78/659/Cee relativa alla qualità delle acque dolci che
richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei
pesci;
d) direttiva 79/869/Cee relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei
campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile;
e) direttiva 79/923/Cee relativa ai requisiti di qualità delle acque
destinate alla molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/Cee relativa alla protezione delle acque sotterranee
dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose;
g) direttiva 82/176/Cee relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità
per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri
alcalini;
h) direttiva 83/513/Cee relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità
per gli scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/156/Cee relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità
per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello
dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/Cee relativa ai valori limite e obiettivi di qualità
per gli scarichi di esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/Cee relativa alla modifica dell'allegato 11 della
direttiva 86/280/Cee concernente i valori limite e gli obiettivi di
qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano
nell'elenco 1 dell'allegato della direttiva 76/464/Cee;
n) direttiva 90/415/Cee relativa alla modifica della direttiva
86/280/Cee concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per
gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1
della direttiva 76/464/Cee;
o) direttiva 91/271/Cee concernente il trattamento delle acque reflue
urbane;
p) direttiva 91/676/Cee relativa alla protezione delle acque da
inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q) direttiva 98/15/Ce recante modifica della direttiva 91/271/Cee per
quanto riguarda alcuni requisiti dell'allegato 1;
r) direttiva 2000/60/Ce, che istituisce un quadro per l'azione
comunitaria in materia di acque.
5. Le Regioni definiscono, in termini non inferiori a due anni, i
tempi di adeguamento alle prescrizioni, ivi comprese quelle adottate ai
sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute nella legislazione regionale
attuativa della parte terza del presente decreto e nei piani di tutela
di cui all'articolo 121.
6. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 36 della legge 24
aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi di attuazione della
direttiva 96/92/Ce.
7. Fino all'emanazione della disciplina regionale di cui
all'articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica sono
effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di
entrata in vigore della parte terza del presente decreto.
8. Dall'attuazione della parte terza del presente decreto non
devono derivare nuovi o maggiori oneri o minori entrate a carico della
finanza pubblica.
9. Una quota non inferiore al dieci per cento e non superiore al
quindici per cento degli stanziamenti previsti da disposizioni statali
di finanziamento è riservata alle attività di monitoraggio e studio
destinati all'attuazione della parte terza del presente decreto.
10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.
11. Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in
attuazione della parte terza del presente decreto, restano validi ed
efficaci i provvedimenti e gli atti emanati in attuazione delle
disposizioni di legge abrogate dall'articolo 175.
12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento
della Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede
mediante utilizzo delle risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della
legge 5 gennaio 1994, n. 36.
13. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento
della Sezione per la vigilanza sui rifiuti, pari ad
unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato annualmente in relazione
al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale imballaggi di cui
all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico dei
consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi
all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto
del Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello
stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio.
14. In sede di prima applicazione, il termine di centottanta
giorni di cui all'articolo 112, comma 2, decorre dalla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto.
Articolo 171
Canoni per le utenze di acqua pubblica
1. Delle more del trasferimento alla Regione Sicilia del demanio
idrico, per le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui
all'articolo 96, comma 6, ricadenti nel territorio di tale Regione, si
applicano retroattivamente, a decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti
canoni annui:
a) per ogni modulo di acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro,
ridotte alla metà se le colature ed i residui di acqua sono restituiti
anche in falda;
b) per ogni ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione
non suscettibile di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;
c) per ogni modulo di acqua assentito per il consumo umano, 1.750,00
euro, minimo 300,00 euro;
d) per ogni modulo di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00
euro, minimo 1.750,00 euro. II canone è ridotto del cinquanta per cento
se il concessionario attua un riuso delle acque reimpiegando le acque
risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso
o, ancora, se restituisce le acque di scarico con le medesime
caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni di cui
al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non
si applicano per l'uso industriale;
e) per ogni modulo di acqua assentito per la piscicoltura, l'irrigazione
di attrezzature sportive e di aree destinate a verde pubblico, 300,00
euro, minimo 100,00 euro;
f) per ogni kilowatt di potenza nominale assentita, per le concessioni
di derivazione ad uso idroelettrico 12,00 euro, minimo 100,00 euro;
g) per ogni modulo dì acqua assentita ad uso igienico ed assimilati,
concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici e servizi
antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi,
industrie e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale
utilizzo, per impianti di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per
tutti gli usi non previsti dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.
2. Gli importi dei canoni di cui al comma 1 non possono essere
inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo umano e a
1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.
Articolo 172
Gestioni esistenti
1. Le Autorità d'ambito che alla data di entrata in vigore della
parte terza del presente decreto abbiano già provveduto alla redazione
del piano d'ambito, senza aver scelto la forma di gestione ed avviato la
procedure di affidamento, sono tenute, nei sei mesi decorrenti da tale
data, a deliberare i predetti provvedimenti.
2. In relazione alla s cadenza del termine di cui al comma 15-bis
dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,
l'Autorità d'ambito dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto della
parte terza del presente decreto, entro i sessanta giorni antecedenti
tale scadenza.
3. Qualora l'Autorità d'ambito non provveda agli adempimenti di
cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti, la Regione, entro trenta
giorni, esercita, dandone comunicazione al Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e all'Autorità di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti (70bis),
i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le
cui spese sono a carico dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta
giorni le procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli
adempimenti procedimentali. Qualora il commissario regionale non
provveda nei termini così stabiliti, spettano al Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio, i poteri sostitutivi preordinati al completamento
della procedura di affidamento.
4. Qualora gli Enti locali non aderiscano alle Autorità d'ambito
ai sensi dell'articolo 148 entro sessanta giorni dalla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto, la Regione esercita,
previa diffida all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta
giorni e dandone comunicazione all'Autorità di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti (70bis),
i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le
cui spese sono a carico dell'ente inadempiente.
5. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione, delle
gestioni in essere ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle
imprese già concessionarie sono trasferiti direttamente all'ente locale
concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione.
6. Gli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione gestiti
dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale di cui
all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi nel
Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6
marzo 1978, n. 218, da altri consorzi o Enti pubblici, nel rispetto
dell'unità di gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in
concessione d'uso al gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito
territoriale ottimale nel quale ricadono in tutto o per la maggior parte
i territori serviti, secondo un piano adottato con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite le Regioni, le
Province e gli Enti interessati.
Articolo 173
Personale
1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi
dell'articolo 12,
comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data
del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del
servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex
municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative,
che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma
restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed
immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la
salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in
atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di Enti pubblici e di ex
aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche
cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai
sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la
disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo
2112 del codice civile.
Articolo 174
Disposizioni di attuazione e di esecuzione
1. Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio di nuove disposizioni attuative della sezione
terza della parte terza del presente decreto, si applica il decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella
Gazzetta ufficiale n. 62 del 14 marzo 1994.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (70bis)
e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della parte terza del presente decreto, nell'ambito di
apposite intese istituzionali, predispone uno specifico programma per il
raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero, dei
livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva 91/271/Cee,
attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti
territoriali ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali
pendono procedure di infrazione per violazione della citata direttiva.
Articolo 175
Abrogazione di norme
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o
incompatibili con il medesimo, ed in particolare:
a) l'articolo 42, comma terzo, del Regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, come modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio
1993, n. 275;
b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;
c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione, con modificazioni,
del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
d) la legge 24 dicembre 1979, n. 650;
e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con modificazioni, del
decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
f) il decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;
g) la legge 25 luglio 1984, n. 381, di conversione, con modificazioni,
del decreto-legge 29 maggio 1984, n. 176;
h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di
conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;
i) gli articoli 4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica
24
maggio 1988, n. 236;
1) la legge 18 maggio 1989, n. 183;
m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile 1990, n. 71, di conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 1990, n. 16;
n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
o) il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 130;
p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
q) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132;
r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
s) l'articolo 12 del decreto legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6 dicembre 1993, n. 502, di
conversione, con modificazioni, del decreto-legge 9 ottobre 1993, n.
408;
u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo 22, comma
6;
v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di
conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
z) la legge 17 maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni,
del decreto-legge 17 marzo 1995, n. 79;
aa) l'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito,
con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
bb) il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato
dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;
cc) l'articolo 1-bis del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre 2000, n. 365.
Articolo 176
Norma finale
1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che
concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi
fondamentali ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
2. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto
sono applicabili nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province
autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei
rispettivi statuti.
3. Per le acque appartenenti al demanio idrico delle Province
autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze in materia
di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche
previste dallo statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige e
dalle relative norme di attuazione.
(omissis)
Allegati
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